AL VENETO SERVE UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE GLOBALE
Per uscire dal provincialismo italiano è necessario creare strutture tecnologiche, organizzative, economiche e relazionali che aprano il Veneto al mondo
Mentre ripartono le tensioni nel mondo con rapidi mutamenti di fronte anche a livello internazionale, ciò che pare immutabile è la lenta agonia dello stato italiano, che ahinoi coinvolge anche il Veneto nel suo degrado senza sosta.
Oggi lo spread tra btp e bund tedeschi decennali ha toccato quota 210, il livello più alto degli ultimi 3 anni. Ovviamente i giornali italiani danno la colpa all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali francesi e alle incognite che potrebbero emergere, in particolare se dovessero vincere candidati estremi quali Le Pen o Mélenchon. In realtà chissà perché a scontare maggiormente queste tensioni è sempre lo spread italiano e non più quello spagnolo, ad esempio. Forse perché il vero pericolo per i mercati mondiali è proprio l’Italia, come scrive oggi anche il celebre Wall Street Journal?
Le ragioni sono ben note e sono essenzialmente economiche. Che derivano da problemi più profondi, sociali e culturali. Che hanno a loro volta una precisa origine storica proprio nella genesi dello stato italiano, che oggi rivela tutta la sua fragilità e inadeguatezza alle sfide della modernità.
A tal proposito ci fa piacere vedere che ora non siamo più solo noi di Plebiscito.eu tra l’altro a vedere per il Veneto un futuro di indipendenza in un quadro globale. Abbiamo letto infatti il programma di una nuovo soggetto nato all’interno del consiglio regionale che fa capo al consigliere Guadagnini che ha cambiato casacca dopo le elezioni e che evidentemente si è ispirato anche al nostro programma, parlando di “Veneto Globale” e rifacendosi ad autori quali Parag Khanna. Che, ricordiamolo, nel suo Connectography ha citato proprio la nostra esperienza del Plebiscito Digitale e della dichiarazione di indipendenza del Veneto del 21 marzo 2014 quale esempio di azioni per l’autogoverno che possono favorire la competitività globale dei territori e delle regioni oggi sottoposte al dominio di stati centralisti.
Qual è allora la via concreta per realizzare tale programma ambizioso? Da un lato alcuni citano l’esigenza di “dimostrare di saper governare”, promuovendo la candidatura di liste elettorali comunali con la presenza di indipendentisti. Ciò può essere senz’altro utile da un punto di vista teorico, ma è altrettanto chiaro che la sua portata è limitata dal funzionamento stesso del sistema amministrativo italiano, che favorisce politiche di aumento della spesa pubblica e quindi anche della tassazione a ogni livello, anche quello regionale e locale, come abbiamo visto in questi giorni con la vergognosa introduzione della nuova tassa regionale per coprire lo sforamento di costi della pedemontana veneta. Lo stesso avviene poi a livello locale, dove prevale sempre una logica di spesa per l’acquisto di fatto del consenso.
Se quindi può andar bene ed essere giusto favorire la crescita di una classe dirigente che “faccia palestra” anche nelle istituzioni locali dello stato italiano, è altrettanto evidente che dobbiamo stare attenti che gli “esercizi” cui essa è sottoposta in tale fase di “training istituzionale” non siano del tutto inadatti a farla diventare una classe dirigente utile anche per una politica indipendentista e, più in generale, virtuosa e in linea con le esigenze di una società civile moderna.
Se così non fosse, rischiamo altrimenti di “allevare” politici per conto dei partiti italiani, che ad un certo punto faranno ciò che hanno fatto molti politici leghisti, che sono appunto diventati professionisti della politica infame italiana, con nostro grave danno, che ci ha fatto perdere almeno vent’anni e diverse occasioni storiche di libertà.
Più quindi che creare una classe dirigente italiana all’interno dei movimenti e partiti indipendentisti, credo sia necessaria selezionare, istruire, formare e motivare una classe dirigente “rivoluzionaria” indipendentista. Ovvero persone che sappiano vivere la loro eventuale esperienza amministrativa con una visione più elevata, che non li renda ostaggi della cleptocrazia italiana.
Per tale ragione, dato che tale sforzo richiederà del tempo e diverse risorse, noi diamo la priorità ad altri aspetti imprescindibili per la creazione di un modello veneto più virtuoso, che abbiamo sintetizzato come noto nelle “gambe” tecnologica ed economica della nostra organizzazione, in senso lato.
Se la componente tecnologica può risultare più semplice da intuire (si pensi solo alla portata e visibilità che proprio il Plebiscito Digitale ebbe per il solo fatto di aver fatto leva su internet), la parte economica è senz’altro più complessa da capire, ma anche più maledettamente urgente e prioritaria.
Oggi qualche prospettiva in più si è aperta con la crisi del sistema bancario veneto e italiano in generale, che ha fatto comprendere, tra le altre cose, come sia assurdo avere un sistema del credito interamente dipendente da esso. Come più volte abbiamo citato, infatti, negli Stati Uniti, ad esempio, le imprese ricavano finanziamenti dai sistemi di capitale privato (private equity, venture capital etc.) in quantità 9 volte superiori che dal sistema bancario.
La questione, inoltre, non è solo economico-finanziaria, ma anche strutturale proprio per la natura stessa che la rete imprenditoriale ed economica assume. In Italia infatti da sempre è presente una forma di capitalismo relazionale familiare e “familistico” che è del tutto deleterio e che ha causato molti danni e perdita storica di occasioni ad ogni livello. Si pensi solo a personaggi quali Montezemolo, Marcegaglia, Berlusconi, o De Benedetti, che si sono “impossessati” anche di strutture dello stato, dando forma alla più classica privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite, conferendo una inguaribile forma provinciale alla stessa Italia nel suo complesso.
È pertanto necessario dare vita quanto prima a una struttura relazionale globale che possa permettere agli imprenditori veneti di interfacciarsi direttamente con le strutture sovranazionali, bypassando i blocchi familistici presenti nello stato italico, sempre più autoreferenziale e prossimo al fallimento. Per tali ragioni è di fondamentale importanza proprio quanto sta realizzando la business community veneta di Plebiscito.eu Club.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
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