L’UNICO PETTINE CHE PUÒ SCIOGLIERE I NODI ITALIANI E’ L’INDIPENDENZA DEL VENETO
Si aggrava la situazione italiana e aumenta la divergenza di interessi con gli altri Paesi Europei. Il Veneto deve restare ancorato all’area che cresce
I nodi al pettine del sistema economico italiano cominciano ad essere tanti e secondo qualcuno decisamente troppi.
Le banche, innanzi tutto. Se la crisi più profonda dei crediti deteriorati (gli NPL, non-performing loans) sembra aver superato i picchi massimi, la situazione resta ben lontana dall’essere risolta. Si parla infatti di cifre tanto che oggi l’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha lanciato l’idea di una “Bad Bank” europea per gestire un aggregato di 1.000 (mille) miliardi di euro. Ricordiamo che circa la metà dei crediti deteriorati in Europa è da ascrivere alle banche italiane.
Secondo l’EBA la questione è urgente e mira ad evitare l’applicazione del bail-in e, soprattutto, di incappare nella violazione del divieto di aiuti di stato, in particolare in un anno dove vi saranno diverse elezioni critiche in tutta Europa. Il problema del sistema bancario italiano è poi aggravato dalla difficile situazione patrimoniale di diversi istituti, dalla mai esplorata stima e aggiornamento a valori di mercato del patrimonio immobiliare iscritto a bilancio di tutti gli istituti di credito, nonché dalla sovrabbondanza di titoli pubblici italiani che le banche tutt’ora si ritrovano in “pancia”.
La grave situazione del sistema bancario ha ripercussioni dirette sul sistema delle imprese, in particolare delle PMI, che, come ricorda oggi il Wall Street Journal “costituiscono la spina dorsale” dell’economia italiana (e veneta, a maggior ragione) e che “possono essere piene di tecnologia, ma sono in genere troppo piccole, troppo dipendenti dai prestiti bancari e troppo restie all’ingresso di nuovi capitali e di manager per fornire la spinta per la crescita e la produttività di cui l’Italia avrebbe bisogno per placare le preoccupazioni circa il suo elevato debito pubblico”.
“Quanto di questo è dovuto a fattori culturali e quanto a problemi strutturali di lunga data, come un sistema giudiziario inefficiente, regole del lavoro rigide e corruzione dilagante è una questione dibattuta da molto tempo”. A tal proposito, come riportavo stamane in un breve articolo nel sito della Business Community Veneta, gli imprenditori che oggi vogliono affrontare le sfide della modernità con la consapevolezza della loro portata finalmente hanno a disposizione un ambito in cui poter esprimere il loro potenziale con gli strumenti più opportuni.
Ovviamente a tale fattori critici (banche e sistema delle imprese), si aggiungono quindi i classici ambiti in cui lo stato italiano interpreta il peggio di sé: il sistema politico e tutto ciò che ne deriva, dall’istruzione, al senso civico, passando per l’informazione, la giustizia, l’innovazione tecnologica e quant’altro.
Non c’è un solo settore in cui il sistema-paese Italia regga il passo. Né all’orizzonte si vede alcun cambio di tendenza, con un peggioramento del quadro congiunturale internazionale che non lascia spazio ad alcun ottimismo.
In particolare, per ciò che ci riguarda più da vicino, l’Europa sembra confermare una tendenza di forte divergenza tra alcuni Stati membri, con Paesi come la Germania che sembrano imboccare la strada di una ripresa economica più marcata. A tale gruppo oggi si aggiunge anche la Spagna, tanto che lo spread tra titoli di stato decennali italiani e corrispondenti tedeschi oggi è salito oltre 188 punti e anche quello rispetto a Madrid ha superato la preoccupante soglia di 70 punti.
Questi valori implicano una differenza di interessi tra i diversi Paesi che sta rasentando l’incompatibilità. Se ora i tedeschi sono preoccupati della ripresa dell’inflazione e premono sulla Banca Centrale Europea perché interrompa la politica di espansione monetaria, l’Italia ha l’interesse esattamente opposto.
Qualcuno a tal proposito si illude che le elezioni nei paesi europei servano da “tachipirina” in grado di abbassare la febbre dei conti pubblici italiani perché nessuno ne vorrà parlare. In realtà rischia di essere solo un periodo deleterio in cui si perderà ulteriore tempo, perché la politica non vorrà affrontare i gravi problemi strutturali che rischiano di travolgere l’intero sistema italiano.
E da queste parti all’orizzonte non si vede nessuno che abbia individuato tali nodi che stanno venendo al pettine e abbia un’idea di come rimuoverli.
O meglio, qualcuno c’è. Siamo noi, con il progetto moderno di indipendenza del Veneto, che comporterà come conseguenza anche la responsabilizzazione finanziaria di tutti i territori della penisola. Il Veneto non può permettersi il lusso di perdere il collegamento con l’area d’Europa che cresce, i nostri interessi vitali sono collegati ad essa e solo la nostra indipendenza da Roma li può tutelare.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
Comments (2)
Franco
Sono parole sacrosante quelle del nostro presidente, ma cosa possiamo fare noi cittadini veneti, stiamo subendo tutto, io cerco di informare amici conoscenti circa l’eventuale indipendenza del veneto, le risposte, considerazioni a caldo sono sempre le stesse: “NON CE LA FAREMO MAI, ROMA SARA’ SEMPRE IN GRADO DI BLOCCARE CON VARI MEZZI LE NOSTRE IDEE”. un cordiale saluti.
Francesco
Loris Erminio Carraro
“L’ora segnata dal destino batte nei cieli della nostra Patria”, ga dito Mussolini dichiarando guera al mondo … e i tajani ga perso la guera ! La storia si ripete : la guerra la perderanno ancora, stavolta contro la finanza internazionale. Due soli motivi hanno fatto entrare i “tajani” in Europa e nell’Euro : (1) la delega all’Europa delle scelte economiche che i politicanti “tajani” non sapevano applicare senza perdere consenso ; (2) la speranza di farsi pagare dall’Europa il terzo debito pubblico mondiale che hanno accumulato per mantenere il consenso (da Andreotti a Renzi ci hanno provato tutti), ma il proverbio dice “chi vive sperando muore cag….” ! Proprio per queste ragioni le sinistre sono attaccate al mantenimento dell’Euro e dell’Europa, mentre tutti gli altri parlano di uscita senza avere però un piano. L’uscita dall’Euro implica una svalutazione ALMENO del 30% , un aggravio del debito espresso in Euro, l’aumento dei tassi di interesse e l’esplosione di una finanza ancora più allegra di quella già vista in passato, oltre che un ovvio aumento delle tasse ! L’Italia potrebbe evitare tutto questo se NON PAGA IL DEBITO AD ALCUNI INVESTITORI DEL DEBITO PUBBLICO che grossomodo, in base ai dati di Banca d’Italia, sono : 31% investitori istituzionali esteri , 42% banche e investitori istituzionali “tajani” , 11% Banca d’Italia, 7% cittadini, 9% BCE (che nel 2015 era circa all’1,0%). Ecco qua a cosa é servito il Quantitative Easing di Draghi : a vendere parte del debito alla BCE, così da abbassare lo spread a 1,03% a marzo 2016, abbassando di conseguenza i tassi di interesse pagati sul debito … per poterne fare dell’altro ! Stamattina, 8.02.’17 alle ore 9:44, lo spread era 2,043% ma alle 12:05 (…a seguito di interventi della Banca d’Italia), é sceso a 1,989%. ! Domanda : i politicanti “tajani” cosa faranno ? (1) andranno in serie B, come vogliono le sinistre ? (2) Vorranno uscite dall’Euro, aggravando ulteriormente la situazione del paese ? (3) Vorranno non pagare alcuni investitori …. e quali in particolare (questo é il vero problema…) ?
Qualunque cosa facciano, i VENETI VENGONO FREGATI UN’ALTRA VOLTA SE CONTINUA L’OCCUPAZIONE “TAJANA” DELLA SERENISSIMA.
Par Tera … par Mar … San Marco !
Wotan