2000 FIRME GIÀ RAGGIUNTE! Grande successo della Petizione per l’indipendenza del Veneto
A poco più di 24 ore dal lancio della Petizione per l’indipendenza del Veneto sulla piattaforma change.org si registra fin d’ora l’adesione di moltissimi veneti che hanno già permesso di raggiungere le prime 2000 firme.
Petizione rivolta al Governatore del Veneto, dott. Luca Zaia
Testo della Petizione
- Con la sottoscrizione della presente chiediamo che il governatore del Veneto dichiari l’indipendenza del Veneto e dia il via al conseguente piano di riorganizzazione della Repubblica Veneta.
Le Ragioni della Petizione
L’attuale situazione in cui versa il territorio veneto è molto grave a causa dell’assoggettamento allo stato italiano, che si trova in crisi profonda e per molti versi irreversibile sotto il piano sanitario, economico, sociale e giuridico.
L’incapacità e l’inadeguatezza a tutelare la salute dei cittadini dimostrata dallo stato italiano durante questa emergenza dovuta al pericolo da contagio da coronavirus covid-19 è solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai colmo.
La scellerata decisione di spegnere il sistema produttivo-industriale del Veneto e delle varie regioni italiane ha causato una situazione di stallo economico rispetto al quale sarà molto complesso ripartire.
L’impossibilità per lo stato italiano di provvedere all’evidente esigenza di liquidità di famiglie e imprese per far fronte a un periodo protratto di blocco di ogni attività e movimento si è tradotta nella proposta quasi offensiva rivolta ad aziende e professionisti di indebitarsi per poter resistere (e per pagare in ogni caso le esose tasse). Tale incapacità finanziaria come ben noto è dovuta all’insipienza e irresponsabilità delle classi politiche e dirigenti italiane succedutesi dagli anni ‘70 che quasi senza esclusione e soluzione di continuità hanno minato gravemente la sostenibilità del debito pubblico italiano a causa di politiche scellerate di stampo clientelare, senza mai voler attuare alcuna riforma dell’impianto di spesa pubblica.
Oggi pertanto, a differenza dei Paesi che hanno gestito la finanza pubblica con saggezza, lo stato italiano non ha più alcun margine di manovra ulteriore di spesa e si trova costretto a scegliere se ulteriormente indebitarsi oltre ogni limite (ovviamente concedendo assicurazioni ai creditori internazionali sempre più sfiduciati), oppure se intraprendere un pericoloso percorso di uscita dall’Unione Europea e dall’area Euro, con tutte le gravissime conseguenze che ne deriverebbero al sistema economico-produttivo veneto e alle nostre famiglie, con distruzione del nostro potere d’acquisto e inflazione galoppante, seguendo l’infausto destino che Paesi come Argentina e Venezuela hanno ampiamente dimostrato essere fallimentare.
Il prodotto interno lordo pro-capite del Veneto stava timidamente cercando di risalire negli ultimi anni, pur non riuscendo ancora a riportarci ai livelli precedenti al 2010. Ora con ogni probabilità ci troveremo di fronte a una grave recessione che riporterà il pil a livelli degli anni’ 90 se non peggio, con una perdita che potrebbe essere tra il 10 e il 20%, al di là delle ottimistiche previsioni governative.
Lo scenario che ne deriverà da un punto di vista finanziario per famiglie e imprese del Veneto sarà drammatico e la conferma la troviamo già nelle dissennate dichiarazioni pubbliche e interviste dei principali leader politici italiani e dei massimi dirigenti bancari di uno stato ormai ben avviato sulla strada della bancarotta. Non è frutto della nostra fantasia, ma semplicemente l’oggetto delle parole di cotanti leader pensare che tra qualche mese lo stato italiano lancerà l’assalto ai risparmi privati di famiglie e imprese, con particolare riferimento alle proprietà mobiliari, ovvero ai saldi di conto corrente e al portafoglio titoli dei cittadini. È da oltre un decennio infatti che è invalso l’uso da parte della classe politica italiana del paradigma che vede la situazione di indebitamento pubblico non essere così grave, visto che esisterebbe un superiore livello di ricchezza privata.
Oggi tale predicazione trova una facile conferma nelle parole dell’Amministratore Delegato di Banca Intesa Sanpaolo che propone la creazione di titoli pubblici (“bond sociali”), che dovrebbero essere acquistati dalle famiglie, per una cifra tra i 120 e i 320 miliardi di euro, cui si sommerebbero anche investimenti per 50 miliardi di euro di quote di TFR, tralasciando altre ipotesi lunari di blocco della libera circolazione dei capitali e di politica economica che paiono ereditate direttamente dalla tradizione sovietica (“Cinque mosse per tagliare il debito”, Sole 24 Ore, 25 aprile 2020).
L’impostazione ideologica marxista-leninista è inoltre evidente anche negli advisor del governo, quali la prof. Mariana Mazzucato, che vuole che lo stato diventi imprenditore e che suggerisce di legare l’erogazione di prestiti e fondi alle aziende, vincolandoli alle decisioni governative sulle modalità di investimento che dovrebbero essere fatte da parte di imprenditori svuotati del proprio ruolo (“Ora uno stato imprenditore che decida dove investire”, la Repubblica 26 aprile 2020).
Da un punto di vista giuridico la situazione in cui versa l’Italia appare – per ultimo, ma non ultimo per importanza – paradossale e gravemente lesiva dello stato di diritto e financo della costituzione, con un evidente forma di “cesarismo” che ha sostituito il normale funzionamento delle istituzioni, già spesso zoppicanti anche precedentemente all’attuale crisi. In queste settimane abbiamo assistito alla decretazione d’urgenza, che, considerato l’abuso dell’istituto dei decreti legge che imperversa ormai da decenni nello stato italiano, ha visto l’esordio di atti amministrativi sotto forma di decreti del presidente del consiglio dei ministri che bellamente sospendono libertà e diritti fondamentali anche contro il dettato della stessa costituzione italiana. Non siamo noi ad affermare ciò, ma eminenti e autorevoli figure nel quadro giuridico italiano quali il giurista e accademico prof. Sabino Cassese e il costituzionalista prof. Antonio Baldassarre.
Le conseguenze sul piano pratico per i cittadini veneti sono tragiche. Sono già migliaia le imprese e le partita iva che si sono trovate costrette a chiudere e molte altre lo dovranno fare a breve. La gravissima (e per certi aspetti senza precedenti) crisi economica che già imperversa agisce sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta, causando perdita di lavoro, di reddito, di sicurezza per il futuro praticamente ad ogni livello sociale, con conseguenze catastrofiche per i nostri concittadini veneti più poveri.
L’esempio per molti aspetti ammirevole con cui la Regione Veneto ha saputo distinguersi nel contenimento del contagio del coronavirus, grazie anche alla voce e alle scelte lungimiranti dello staff tecnico-scientifico e dell’università di Padova, guidati da luminari quali il prof. Andrea Crisanti, il prof. Stefano Merigliano e molti altri, ha dimostrato che i veneti possono benissimo far fronte alle difficoltà, che non hanno bisogno di alcuna guidi da una capitale lontana di uno stato ormai inutile e che anzi se disobbediscono e fanno da soli fanno molto meglio di chi segue l’irresponsabile linea dello sfascio dettata da Roma.
Due anni e mezzo di finti balletti e dialoghi istituzionali hanno rivelato ai più quanto fosse utopistica la speranza della concessione di una qualche blanda forma di autonomia al Veneto da parte dello stato italiano (persino quando al governo e alla guida del ministero delle autonomie sedeva lo stesso partito che guida la nostra regione, a parole favorevole all’autonomia) e riteniamo che non sia più serio e rispettoso dei nostri concittadini veneti continuare a esercitarsi in una supplica allo stato centrale di una riforma che la storia italiana ha ampiamente dimostrato essere impossibile. Ogni tentativo di riforma federale dello stato italiano è sempre stata puntualmente e ampiamente sconfitta, così come i vari leader e pensatori che l’avevano proposta (Cattaneo, Minghetti, don Sturzo, Miglio).
Come ben sappiamo ogni forma reale di federalismo e di autonomia del Veneto è politicamente ed economicamente impossibile all’interno dello stato italiano ed è giunta l’ora che su tale punto si faccia chiarezza. Lo stato italiano, anche se lo volesse, mai potrebbe concedere l’autonomia al Veneto, in quanto si sfalderebbe l’impianto di potere che lo controlla che si basa sullo sfruttamento delle nostre risorse economiche. Lo stato italiano è nella sua forma più autentica un concentrato di orde burocratiche che durante le varie epoche politiche che ne hanno scandito la sua storia in poco più di un secolo e mezzo si sono sovrapposte le une alle altre, senza mai eliminare le precedenti, cambiando tutto affinché nulla cambiasse, come già scriveva Tomasi da Lampedusa nel Gattopardo.
Nel contempo per il Veneto è oggi impossibile pensare di poter restare a far parte di questo stato italiano centralista e irriformabile a pena della distruzione di ciò che resta del proprio tessuto socio-economico, produttivo e finanziario.
Chi oggi si trova alla guida della Regione Veneto come Lei, Sig. Governatore, ha l’obbligo di non nascondere la testa sotto la sabbia e di indicare chiaramente ai propri concittadini veneti quale sia il percorso responsabile ed obbligato che dobbiamo tutti assieme affrontare.
Il percorso è quello dettato dal diritto internazionale e dal principio di autodeterminazione dei popoli sancito dall’Onu e fatto proprio dalla stessa costituzione italiana come diritto cogente, il diritto delle genti. Il Veneto deve quanto prima riprendere il proprio percorso nella storia solo temporaneamente interrotto nel 1797.
Considerata pertanto l’attuale organizzazione istituzionale del territorio veneto, il Governatore del Veneto, data l’impossibilità di svolgere un nuovo referendum di indipendenza del Veneto per decisione della corte costituzionale e rilevato nel contempo il travolgente consenso che essa gode nel Popolo Veneto, può e deve procedere alla dichiarazione di indipendenza della Repubblica Veneta, in quanto essa è espressione della sovranità popolare già ampiamente espressa a maggioranza assoluta, come ad esempio anche in occasione del Plebiscito Digitale del 16-21 marzo 2014, così come certificato dal Comitato degli Osservatori Internazionali il 28 marzo 2015 a Venezia.
Venezia, 29 aprile 2020
I cittadini veneti sottoscrittori della presente Petizione
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