BREXIT ALL’AMATRICIANA, L’UNICO ANTIDOTO È IL VENETO INDIPENDENTE
Cresce il panico internazionale attorno alla difficile situazione economico-finanziaria italiana che rischia di travolgere l’Europa e mettere in crisi il mondo. L’unica via di uscita è liberare le energie positive che derivano dal surplus finanziario della Repubblica Veneta.
I prossimi mesi rischiano di trascinare l’Italia, e con essa forse anche l’Europa, in un pericoloso incubo. Gli osservatori internazionali da settimane e forse mesi hanno iniziato a concentrare la loro attenzione verso le prossime scadenze nell’agenda politica italiana con preoccupazione che nelle ultime ore sta trasformandosi in panico.
La visione che dall’esterno si ha delle faccende italiche è in ogni caso sempre distorta, perché risulta molto difficile comprendere da fuori l’assoluta nescienza e irresponsabilità della classe dirigente di casa nostra.
In particolare, viene spesso amplificata la portata delle dichiarazioni dei politici, come la famosa frase del premier italiano che aveva legato la propria carriera politica al risultato del referendum costituzionale del prossimo autunno. Ciò aveva causato il timore generale che in seguito alla sconfitta in tale consultazione potessero saltare le condizioni di governabilità che a livello internazionale avevano creato grande entusiasmo attorno al governo Renzi e alla sua promessa di riforme. In realtà ciò che a gran parte degli osservatori è sfuggito è che le condizioni che avevano generato grandi aspettative nel mondo sono da tempo svanite, sacrificate sull’altare degli slogan ad effetto privi di alcuna effettività pratica e che il risultato del referendum costituzionale di autunno è assolutamente slegato dalla loro realizzazione, che da tempo è entrata nel nutrito libri dei sogni della politica italiana. Non si tratta insomma di una sorta di Brexit all’amatriciana, in quanto la stalla del rigore è aperta da tempo e le vacche del risanamento e della presunta crescita sono fuggite ormai da diversi mesi.
A nulla vale inoltre il gioco delle tre carte che cerca di nascondere la voragine del sistema bancario, di cui Mps è solo la piccola punta dell’iceberg che nemmeno la vergogna dei trucchi contabili riesce più a nascondere.
Nemmeno la tanta decantata riforma del mercato del lavoro ormai riesce più a nascondere la realtà dei fatti, che i tassi di occupazione macroregionali comparati a quelli europei rivelano in tutta la loro drammaticità. Figurarsi poi se gli osservatori internazionali possano comprendere quanto ridicola sia ogni ipotesi di riforma della contrattazione collettiva del lavoro con la presenza di parassiti consociativi istituzionalizzati quali sindacati e confindustria.
Input lavoro Ita vs EU. Giovani e donne in difficoltà ovunque, il centro sottoperforma, il mezzogiorno è deserto! pic.twitter.com/bl3Q8c90Aa
— Thomαs Manfredi™ (@ThManfredi) August 19, 2016
Non può quindi sorprendere nessuno che in tale scenario disastrato la crescita si sia fermata ed è quasi un miracolo che non sia già entrata in piena recessione.
Se si allarga la visione si comprende che dato il grave deficit strutturale dell’andamento della produttività italiana c’è ben poco da stare allegri, in quanto il ritardo accumulato verso le maggiori economie del mondo a livello di tecnologia e innovazione tanto nel settore pubblico, quanto in quello privato appare incolmabile non solo nel breve, ma anche nel medio termine.
Non ci sono vie di uscita né tantomeno scorciatoie, quindi.
Se poi si considera che il pil italiano è l’11% di quello dell’unione europea si può ben comprendere il panico che si sta formando nella comunità finanziaria internazionale, in quanto il collasso del belpaese ha forti probabilità di tradursi in una sorta di bomba atomica economica europea e globale.
L’unica possibilità che resta quindi non solo ai governanti italiani, ma anche a quelli di tutto il mondo che vogliano preservare l’equilibrio economico-finanziario internazionale è solo una: separare il grano dal loglio, agendo prima che sia troppo tardi.
Non tutta l’Italia è infatti generatrice di debito pubblico. Il Veneto, così come la Lombardia e poche altre regioni, non vi contribuiscono infatti, ma anzi, come ben noto, vantano un cospicuo credito pubblico, anche noto come residuo fiscale. Se si agisce in fretta, considerando che la crisi economica e l’andamento demografico in pochi anni lo hanno dimezzato, esistono ancora le condizioni per permettere al Veneto indipendente di rimanere da un lato legato all’Europa e riprendere un cammino virtuoso con quanto resta del proprio tessuto imprenditoriale ancora non distrutto dalla crisi e dall’altro grazie al proprio surplus finanziario che ancora oggi supera i 10 miliardi di euro annui, di poter garantire un piano straordinario per l’Italia senza il Veneto, che possa permettere di disinnescare la bomba socio-economica che rischia di far saltare l’eurozona e con essa l’equilibrio economico-finanziario globale.
Il progetto strategico di Plebiscito.eu aveva previsto l’attuale scenario da oltre due anni e oggi ha in mano l’unica carta utile che possa essere giocata prima che scatti il cataclisma che oggi tutti prevedono.
Gianluca Busato
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