INDIPENDENZA DEL VENETO: CHI FA DA SÉ FA PER TRE
Dal teatrino disperato della politica italiana si esce solo con gli strumenti privatistici della modernità: economici, tecnologici e di carattere internazionale
Tagli alla sanità. Disastri meteorologici spesso prevedibili senza le coperture economiche di emergenza per pagare i danni ambientali. Assenza di un qualsivoglia piano strategico, di sviluppo industriale, economico, sociale, o anche solo uno straccio, o una parvenza di esso. Taglieggiamento continuato pluriennale da parte dello stato centrale, con un residuo fiscale nei confronti dell’Italia che oscilla tra i 15 e i 21-22 miliardi ogni anno. Piagnistei continui privi di alcun effetto pratico.
Stiamo parlando ovviamente del Veneto.
Il Veneto di oggi è allo sbando, privo anche solo dell’ombra di una classe dirigente.
In un’Europa che sta assistendo in diretta alle lacerazioni e alle spinte geo-politiche e ora anche migratorie, il Veneto si trova come in un’isoletta spensierata dove i suicidi degli imprenditori oramai nemmeno più scuotono le coscienze e difficilmente fanno notizia.
I cimiteri industriali che sempre più continuano a corredare i panorami delle nostre periferie lasciano spazio alla pura arte retorica della comunicazione fine a sé stessa, che per quanto riguarda il Veneto è nelle mani del governatore e del suo partito, da sempre impareggiabile nello sfruttamento delle polemiche politiche e populistiche senza costrutto alcuno e della sua controparte, il pd, che recita il ruolo di primo attore del partito-stato che controlla il governo centrale.
E l’indipendenza del Veneto? Che fine ha fatto si chiedono in molti? A sei giorni dal voto catalano, in cui il Presidente Artur Mas e le forze catalane autenticamente indipendentiste hanno saputo creare una lista unitaria plebiscitaria che chiede ai cittadini catalani il via libera al processo di piena indipendenza della Catalogna, il Veneto pare aver fatto giganteschi passi indietro nel proprio percorso di autodeterminazione.
Le ultime elezioni regionali hanno infatti sepolto sotto le macerie chi non ha voluto riconoscere il significato del più grande evento indipendentista mai concepito e che ha saputo attirare in Veneto l’attenzione di tutti i media internazionali, ovvero il Plebiscito Digitale per l’indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014.
L’illusione che vi fosse una via istituzionale regionale che portasse all’indizione di un referendum indipendentista “istituzionale” italiano indetto dalla Regione Veneto è stata definitivamente spazzata via dalla Corte costituzionale con la propria sentenza 118 del 29/04/2015. Secondo i Dioscuri dell’ortodossia costituzionale tricolore, non solo i cittadini veneti non hanno infatti il diritto di esprimersi sul proprio destino tramite referendum istituzionale regionale, ma nemmeno esso può essere oggetto di alcun tipo di provvedimento da parte di chicchessia, nemmeno il parlamento stesso, tanto da fargli scrivere che “l’unità della Repubblica è uno di quegli elementi così essenziali dell’ordinamento costituzionale da essere sottratti persino al potere di revisione costituzionale”.
Come abbiamo sempre affermato, dopo che l’89,10% degli elettori veneti aveva sancito la propria volontà sovrana a favore dell’indipendenza del Veneto nel marzo 2014, la via istituzionale regionale era divenuta semplicemente pleonastica (se non onanistica), un “di più” inutile, a maggior ragione considerata la natura autoritaria dell’impianto costituzionale italico.
Anche la via alle consultazioni per maggiori gradi di autonomia appare francamente insensata e rappresenta una totale perdita di tempo. Casomai, anche se solo come tattica, avrebbero dovuto essere portate avanti nel 2006, dopo la schiacciante vittoria con il 55,3% dei votanti del Veneto nel referendum costituzionale per la devolution. Appare poi chiaro che maggiore autonomia in uno stato come quello italiano appare una forma controproducente volta solo ad aumentare il sottobosco governativo e il potere del secondo attore del partito-stato italiano, la lega nord, che assieme al pd costituisce il fronte unito del gattopardismo tricolore, il cui motto è il sempiterno “cambiare tutto affinché nulla cambi”.
Quindi, in tale scenario, qual è la risposta più corretta da dare alla domanda “che fare?”
Per quanto ci riguarda, non siamo alla ricerca di risposte a tale domanda, in quanto le abbiamo già date.
L’unica via d’uscita alla situazione attuale per noi è semplice. Ed essa non è politica, è economica.
È autoevidente a tutti che nel mondo contemporaneo esiste infatti un primato di fatto dell’economia sulla politica, che è venuto meno solo in rarissime circostanze storiche. È altrettanto evidente che oggi sia vincente nel sistema economico-finanziario un modello capitalistico che trova più forza nel privato che nel pubblico. La soluzione reale e concreta per ottenere l’indipendenza del Veneto consiste pertanto nel creare un nuovo sistema economico veneto che non dipenda dal sistema politico italiano, del quale il sub-sistema regionale veneto ne è una diramazione sotto il suo pieno e totale controllo. Serve invece percorrere una via “privata”, eppur sistemica, alla piena indipendenza economica del Veneto.
È possibile realizzare ciò? Nel passato esso poteva apparire un compito superiore a qualsiasi capacità, ma grazie agli strumenti della modernità, economico-finanziari e tecnologici, oggi tale obiettivo, pur enormemente ambizioso, è divenuto alla portata di chi ne abbia sufficienti risorse, competenza, capacità e determinazione per affrontare una sfida di carattere internazionale.
In tale scenario si comprende perché Plebiscito.eu NON sta effettuando campagne territoriali e di comunicazione. Siamo semplicemente impegnati nella creazione del modello concreto per la piena indipendenza del Veneto, che seguirà la creazione del meccanismo di indipendenza economica degli imprenditori veneti dal sistema politico italiano.
Esso sta già avvenendo, nei fatti. Abbiamo competenze, capacità e determinazione da vendere e stiamo raccogliendo le risorse necessarie allo scopo. Quando avremo raggiunto una dimensione che non permetterà reazioni conservative, allora partirà anche la fase di comunicazione nel territorio. Fino ad allora lasciamo il campo a chi fa dei piagnistei o della lotta contro i mulini a vento il proprio programma d’azione da decenni a questa parte.
Noi invece, come sempre, preferiamo la concretezza dei risultati.
Fatta chiarezza ancora una volta del nostro percorso, si rende pertanto necessaria anche una trasformazione del movimento che lo supporta, Plebiscito.eu. Fin dalla sua creazione i risultati che abbiamo saputo ottenere sono stati resi possibili grazie alla straordinaria azione dei nostri impareggiabili volontari, che in grande numero si sono prodigati in un’azione nel territorio fantastica. Oggi è necessaria una nuova trasformazione da “volontari”, ovvero da persone che si rendono disponibili per un periodo di tempo limitato su base spontanea, ad “attivisti”, ovvero da persone che agiscono con dedizione totale, per il tempo di attività che riescono a garantire, a supportare le priorità d’azione individuate. Essendo oggi la struttura organizzativa totalmente dedicata alla crescita del “motore economico” propedeutico all’indipendenza, ovvero Plebiscito.eu Club, non possiamo purtroppo permetterci “fisicamente” il lusso di dedicare risorse ed energie in “autoconsumo” per altre attività, come inevitabilmente avviene in organizzazioni spontanee su base volontaria.
Il passaggio da volontari ad attivisti non è semplice e non è per tutti. A chi non sarà in grado di farlo, chiediamo pazientemente di aspettare il momento in cui ripartirà la nostra azione nel territorio. Chi non vuole aspettare e non comprende lo sforzo straordinario che è in atto nel presente, può sempre decidere di impegnarsi in altre organizzazioni o movimenti, se la propria priorità è il sentirsi impegnato e non il contribuire al progetto concreto di indipendenza che abbiamo concepito.
Da un punto di vista giuridico, la nostra forza deriva dall’essere il diritto internazionale un diritto “di fatto”. La base giuridica della nostra azione indipendentista affonda semplicemente in pilastri del diritto di autodeterminazione scolpiti dal diritto delle genti nel secondo dopoguerra, tra cui in particolare merita ricordare:
- L’art. 1 c. 2 dello Statuto dell’ONU, ratificato anche dall’Italia con la propria legge 17 agosto 1957, n. 848, che recita:
“(The Purposes of the United Nations are: …) To develop friendly relations among nations based on respect for the principle of equal rights and self-determination of peoples, and to take other appropriate measures to strengthen universal peace”.
(I fini delle Nazioni Unite sono di) Sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni, basate sul rispetto del principio di parità di diritti e l’autodeterminazione dei popoli, e prendere altre misure appropriate per rafforzare la pace universale “.
- I Trattati internazionali firmati a New York il 16 e il 19 dicembre 1966 e ratificati dall’Italia con Legge n. 881/1977, che all’art. 1 recita:
“1. Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale”.
“2. Per raggiungere i loro fini, tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali, senza pregiudizio degli obblighi derivanti dalla cooperazione economica internazionale, fondata sul principio del mutuo interesse, e dal diritto internazionale. In nessun caso un popolo può essere privato dei propri mezzi di sussistenza”.
“3. Gli Stati parti del presente Patto, ivi compresi quelli che sono responsabili dell’amministrazione di territori non autonomi e di territori in amministrazione fiduciaria, debbono promuovere l’attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformità alle disposizioni dello Statuto delle Nazioni Unite”.
- Il Parere del 22 luglio 2010 (Kosovo) espresso dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG),
che ha sancito che, in tema di “conformità al diritto internazionale della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo”, ha chiarito che come risulta dal testo della dichiarazione di indipendenza del 17 febbraio 2008 e dalle circostanze nelle quali questa è stata adottata, gli autori della dichiarazione (di indipendenza, ndr) non agirono nella loro qualità di membri di una delle istituzioni di autogoverno operanti nell’ambito della “cornice costituzionale” ma adottarono tale dichiarazione come individui che agivano di concerto in qualità di rappresentanti del popolo kosovaro al di fuori della cornice dell’amministrazione provvisoria. Cosa che fecero anche i dieci cittadini veneti chiamati a rappresentare le istanze derivanti dalla prevalenza dei Sì nel Plebiscito Digitale con la dichiarazione di indipendenza del Veneto proclamata a Treviso il 21 marzo 2014 (art. 11 del Regolamento Generale del Plebiscito Digitale, depositato presso tutti i Comuni del Veneto).
La sovranità dei veneti si attuerà compiutamente secondo le modalità effettive che essi sapranno dimostrare al mondo. Lasciamo pure il campo del teatrino della politica regionale veneta ai piagnoni da commedia dell’arte che calcano le scene del nostro martoriato Veneto, mentre realizziamo un progetto ambizioso, almeno quanto lo è stata l’organizzazione del referendum di indipendenza del Veneto: la “privatizzazione” del sistema economico del Veneto indipendente, con un’infrastruttura sistemica di supporto “politico” di natura transnazionale e internazionale, che ben presto, non appena le condizioni saranno sufficienti, saprà trasformarsi in men che non si dica nel sistema istituzionale di carattere pubblico della Repubblica Federale Veneta.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
L’INDIPENDENZA DEL KURDISTAN E’ L’UNICA REALE SOLUZIONE ALLA CRISI DEI PROFUGHI DEL MEDIO-ORIENTE
I Curdi meritano di trasformare la più grave minaccia alla propria esistenza nell’opportunità di avere un proprio stato, che porterebbe equilibrio geopolitico nell’area più calda del pianeta
Sono molti i nodi che stanno venendo al pettine nella questione medio-orientale che oggi coinvolge direttamente al cuore l’Europa con l’inizio del fiume di centinaia di migliaia, prossimi a diventare milioni di rifugiati siriani e non solo.
L’epicentro del problema è la guerra che sta coinvolgendo la Siria e che ha visto espandersi in un territorio sempre più vasto lo Stato Islamico terroristico islamista (anche noto come ISIS). Il conflitto ha posto una popolazione sempre più vasta in condizione di dover abbandonare la propria terra.
In questo momento l’Unione Europea ha iniziato ad accogliere solo una piccola parte dei circa 4 milioni di rifugiati siriani espatriati, cui si potrebbero aggiungere altri 7-8 milioni di siriani che si sono riallocati in Siria e che potrebbero fuggire all’estero. Sono ad oggi quasi 465.000 i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015 per raggiungere l’Europa (in tutto il 2014 ne erano arrivati 280.000).
Al di là dell’emergenza, è necessario riflettere sulla strategia per risolvere la crisi laddove si è verificata. Stupisce in tale contesto che una causa storica del Kurdistan, un Popolo diviso in più stati e spesso oggetto di discriminazioni razziali tra le più odiose mai verificatesi, non trovi oggi sponsor autorevoli.
A nostro avviso infatti proprio la creazione di uno stato indipendente del Kurdistan quantomeno nel territorio siriano e iracheno potrebbe rappresentare la migliore soluzione per arginare da un lato il pericolo rappresentato dallo Stato Islamico (proprio i Curdi ad oggi hanno rappresentato l’unica vera linea di difesa contro l’espansionismo prima incontrollato dell’ISIS) e dall’altro le derive estremiste e dittatoriali del regime siriano (e anche la sempre più imbarazzante piega che sta assumendo il governo Erdogan in Turchia).
Il Kurdistan indipendente sarebbe uno stato cuscinetto che potrebbe risultare assolutamente strategico per riportare in equilibrio un’area esplosiva da un punto di vista geo-politico. Esso, oltreché rappresentare una soluzione di giustizia storica verso un Popolo che ha subito persecuzioni brutali, sarebbe la soluzione ideale soprattutto per noi europei: il Kurdistan indipendente, con l’ombrello di protezione internazionale di cui potrebbe godere, infatti farebbe da richiamo per molti dei rifugiati siriani e mediorientali, in particolare per coloro che si trovano in aree relativamente vicine (Turchia, 1,93 milioni, Libano, 1,11 milioni, Giordania 629.000).
L’alternativa per l’Europa è di iniziare ad organizzarsi per accogliere (e integrare) in un tempo molto breve diversi milioni di rifugiati siriani, con il rischio di rafforzare sempre più i populismi nazionalistici mai del tutto sopiti nel vecchio continente. I muri storicamente si sono rivelati spesso palliativi di breve periodo, con effetti controproducenti e alla fine sono sempre stati abbattuti dai Popoli in fuga per la libertà.
Perché allora non riconoscere il diritto all’indipendenza al Popolo che più di tutti in quell’area si è meritato di conquistare l’obiettivo di vivere in pace nella propria Terra secolare, il Kurdistan?
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
IL RITORNO DEL VECCHIO PARADIGMA NAZIONALISTA MINACCIA LA LIBERTÀ, IL BUON SENSO, LA PROSPERITÀ E LA PACE
La risposta alle sfide moderne della migrazione, della sicurezza globale e delle crisi finanziarie
La recente crisi dei migranti “economici” e dei profughi siriani riapre alcune questioni storiche e geo-politiche che la costruzione dell’Unione Europea aveva fatto passare in secondo piano.
Ne scrive oggi Sabino Cassese sul Corriere, ponendo importanti quesiti, alla cui risposta non vogliamo sottrarci, per quanto ci riguarda.
Più in generale va a nostro avviso capito che il fenomeno che si presenta di chiusura delle frontiere è una questione intimamente legata allo sviluppo economico e tecnologico globale e, in fin dei conti, alla libertà individuale e sistemica che è estremamente connessa al processo di disintermediazione che ne scaturisce.
In estrema sintesi, non può esservi globalizzazione economica senza libertà di circolazione di persone, merci e capitali né può esservi un clima generale di pace senza il maggiore benessere diffuso che ne deriva.
La fase storica che stiamo vivendo, con particolare recrudescenza in questi mesi estivi, sta invece dimostrando segnali di maggiori vincoli di circolazione proprio delle persone, delle merci e dei capitali e ciò deriva in primo luogo dalle sfide moderne rappresentate dai fenomeni della migrazione e della sicurezza globale, oltreché dalle recenti crisi finanziarie.
Il primo freno emergente alla libera circolazione (delle persone) è anche l’ultimo apparso in ordine temporale e il più evidente. Fin dall’11 settembre 2001, con l’attentato alle Torri Gemelle e le conseguenti politiche di sicurezza negli aeroporti, il fenomeno ha iniziato a manifestarsi, per oggi divenire un aspetto sempre più evidente in ogni e più diverso ambito: dal filo spinato ai confini ungheresi, alla totale assenza di proposte di accoglienza degli stessi rifugiati siriani da parte dei governi di Arabia Saudita, Bahrain, EAU, Qatar, Kuwait, alle nuove policy di immigrazione annunciate nel Regno Unito, fino al successo degli argomenti posti in agenda dal candidato repubblicano Donald Trump, che tanto successo gli stanno assicurando nelle primarie per le elezioni presidenziali USA del 2016.
Il secondo vincolo (alla libera circolazione delle merci) appare in forma parziale e riguarda in primis proprio l’Europa, con l’embargo russo verso i prodotti europei, conseguenza delle sanzioni verso la stessa Russia per la questione ucraina (che proprio ieri ha mostrato qualche segno di cambio di equilibri politici interni e forse di paradigma). Tale vincolo appare (e noi sinceramente lo speriamo) possa essere controbilanciato da un lato dai grandi trattati di partenariato transatlantico e transpacifico sul commercio e gli investimenti e dall’altro, sul fronte eurasiatico, dallo sviluppo delle nuove vie della seta. Teniamo particolarmente a tali scenari, in particolare per il vantaggio strategico che intimamente ne godrebbero un naturale gateway logistico rappresentato da Venezia e dal Veneto, che con la propria indipendenza si trasformerà in un autentico hub globale al centro di vecchie e nuove tratte marittime, stradali e di trasporto in generale.
Il terzo vincolo (alla libera circolazione dei capitali) si è rafforzato, ad esempio, con le norme internazionali sull’antiriciclaggio, contro l’evasione e per la trasparenza sull’origine dei fondi, che, pur basate su sani principi, forse come effetto perverso, hanno di fatto anche introdotto un rallentamento nel movimento dei capitali, solo in parte controllabile dalle politiche monetarie delle banche centrali e con l’emergere di scenari di “guerre valutarie” con implicazioni sistemiche di particolare rilievo. A questo proposito, tra parentesi, per quanto ci riguarda, assume un’importanza strategica non più rinviabile la capacità del Veneto di creare un proprio sistema economico-finanziario che lo renda economicamente indipendente dalla malasorte del sistema bancario asfittico italiano. Al raggiungimento di tale obiettivo stiamo lavorando, come noto, ormai da oltre un anno, dopo la vittoria schiacciante di marzo 2014 nel Plebiscito Digitale per l’indipendenza del Veneto.
Tutti questi fenomeni indicano in generale le sfide importanti che vanno affrontate nel futuro prossimo, che ci vedrà scegliere tra miopi nazionalismi che vivono di paura isolazionista e la capacità internazionale di interoperare per assicurare che i tre principi cardine di libertà di circolazione del mondo moderno, pur nell’esigenza di regole che ci garantiscano maggiore sicurezza, possano assicurarci globalmente l’evoluzione verso un futuro di prosperità, di pace e di maggiore libertà. A difesa della quale, se vi fossero dubbi, Plebiscito.eu da sempre è schierato.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
INDIPENDENZA DEL VENETO E PLEBISCITO.EU, I PROSSIMI PASSI
Cari volontari, amici di Plebiscito.eu e sostenitori del progetto di indipendenza del Veneto,
come ben sapete, ogni nostro sforzo è teso alla concretizzazione dell’obiettivo dell’indipendenza del Veneto, per permetterci di entrare a far parte del mondo civile.
La grandezza dell’impegno richiesto e il tempo dedicatole sono tali che spesso ne soffre la comunicazione interna, anche verso chi ci è più vicino che spesso si sente poco informato sul quadro di insieme.
Questa sensazione tra l’altro, se possibile, nelle prossime settimane potrà anche aumentare, data l’esigenza di internazionalizzare la nostra azione, aspetto che mi tratterrà all’estero per periodi prolungati. Anche per tale ragione, ho nominato un triumvirato, che possa permettere a tutti voi di avere il contatto con il vertice dell’organizzazione per ogni evenienza durante tale fase delicata, considerato il pochissimo tempo disponibile.
Il triumvirato è composto da Gianfranco Favaro, Sandro Colombo e Francesca Chizzali, che completano anche la rosa del Governo Provvisorio assieme alla Delegazione dei Dieci.
Al fine ora di allineare tutti, credo sia utile fare il punto della situazione.
Il progetto di indipendenza si compone di alcune fasi, tra le quali le prime, ovvero la creazione e la catalizzazione di un forte consenso popolare attorno alla Repubblica Veneta si possono dire concluse positivamente con l’esito plebiscitario del referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, che ha visto oltre 2,1 milioni di veneti, pari all’89,10% degli oltre 2,3 milioni di votanti, pronunciarsi a favore della piena indipendenza, la successiva consacrazione scientifica dei dati effettuata dalla prima società informatica italiana (20 dicembre 2014) e la certificazione diplomatica da parte del Comitato degli Osservatori Internazionali (28 marzo 2015). A ciò è seguito il riconoscimento del Plebiscito Digitale anche sul piano politico, con la firma del protocollo di intesa vincolante da parte di Jacopo Berti, candidato governatore del Veneto per conto della prima forza politica alle ultime elezioni politiche del parlamento italiano.
La fase di costruzione metagiuridica si è quindi completata con l’avvio dei lavori del Parlamento Provvisorio e delle commissioni parlamentari, che sono nel pieno delle proprie attività.
Ora viene quindi la parte fondamentale di creazione del volano economico che possa permettere ai veneti di esercitare concretamente la propria indipendenza.
Esso si compone di alcuni aspetti principali:
- Il rafforzamento del Club Plebiscito.eu, che rappresenta l’ambito esclusivo nel quale gli imprenditori veneti possono sfuggire dalla cappa di oppressione del regime italico che li sta massacrando, fatti salvi coloro i quali sguazzano conniventi nei corridoi di palazzo centrali e locali. Farne parte richiede il rispetto di un rigoroso codice etico e comportamentale. Le informazioni preliminari per aderire al Club Plebiscito.eu sono consultabili in http://blog.plebiscito.eu/news/club-plebiscito-eu-accelera-la-costruzione-della-sua-rete-per-dare-forza-e-indipendenza-economica-ai-veneti/.
- La creazione di una complessa struttura operativa internazionale, che è già per molti versi avviata e alla quale avranno accesso singolarmente le persone che parteciperanno in modo sostanzioso al suo completamento e sostentamento.
- L’innesco di un veicolo economico-finanziario sistemico e globale che consenta alle imprese venete e alle nuove idee imprenditoriali di bypassare il sistema creditizio bancario italiano ingessato e cravattaro, al fine di risolvere i gravi problemi che attanagliano il sistema economico veneto, dalla sottocapitalizzazione, al nanismo, al provincialismo italico e alla carenza di una cultura imprenditoriale evoluta, che permetta al Veneto di entra nel novero dei paesi a capitalismo avanzato.
Le fasi invece di mera propaganda territoriale (gazebi, volantinaggio, eventi e serate di presentazione) in questo momento possono ritenersi di secondaria importanza e anzi una distrazione, un lusso che non possiamo permetterci, rispetto all’impegno principale di creazione del volano economico, essenziale per elevare il livello e la portata della nostra azione. Ricordiamoci infatti che non abbiamo bisogno di ricevere alcun consenso rispetto al nostro progetto, in quanto già abbiamo ricevuto un mandato plebiscitario per attuarlo.
L’invito per tutti è di partecipare in modo proattivo alla fase di emancipazione in corso. Ogni fase di crescita richiede fatica e sacrifici, la via tracciata (senza alternative) per l’indipendenza, d’altro canto, lo richiede.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
CLUB PLEBISCITO.EU ACCELERA LA COSTRUZIONE DELLA SUA RETE, PER DARE FORZA E INDIPENDENZA ECONOMICA AI VENETI
Nata un mese fa a Villa Braida, la prima business community veneta si sta rapidamente espandendo in tutto il territorio.
In questi giorni è in fase di notevole accelerazione la costruzione della prima business community veneta, attraverso la creazione e strutturazione della rete di Club Plebiscito.eu, che ci consentirà anche di rafforzare la struttura operativa e lo sviluppo della piattaforma di cittadinanza digitale.
Si tratta di un ambito riservato a chi intende parlare di e svolgere assieme affari, confrontarsi su tematiche del proprio lavoro, affrontare le sfide della modernizzazione e dell’internazionalizzazione del proprio business e cogliere opportunità riservate esclusivamente agli iscritti al Club, oltreché di condivisione di piacevoli momenti di socializzazione.
La creazione di tale rete di Club è fondamentale per la finalizzazione del progetto di indipendenza del Veneto: grazie ad essa infatti si completa l’associazione della fase dell’essere, identitaria, rappresentata nella sua massima espressione dal Plebiscito Digitale, con quella del fare, ovvero dell’azione, anche e soprattutto in campo economico.
Presentato a Villa Brada il 18 giugno scorso, dopo l’’apertura della prima sede a Villorba, Club Plebiscito.eu ha aperto ieri sera la seconda sede in una stupenda cornice sopra Monte Berico a Vicenza, presso il complesso di Villa Salvi-Galletto, inserito in un parco monumentale del settecento, protetto da un’alta mura di cinta, dove si inseriva anche un castello eretto dalla Serenissima a difesa di Vicenza dopo la Lega di Cambrais.
In questi giorni si stanno susseguendo incontri in tutto il territorio veneto, con gruppi di imprenditori e di cittadini interessati a conoscere e ad aderire alla rete di Club Plebiscito.eu.
La mancanza di riferimenti di qualsiasi valore, rappresentatività e sostanza nel tessuto socio-economico e politico veneto, che oggi è ravvisabile da chiunque e a ogni livello privato e istituzionale, con evidenza sempre più forte ogni giorno che passa, renderà la rete di club Plebiscito.eu il nuovo motore e linfa vitale per dare ai veneti la speranza e la possibilità di guardare al futuro, costruendolo concretamente attraverso progetti economici. Senza indipendenza economica non può esserci alcuna indipendenza politica, infatti.
Per chi desidera far parte di Club Plebiscito.eu, è possibile partecipare ad una sola prima riunione di presentazione esclusivamente attraverso l’invito di un socio del Club. Dopo la conclusione della prima riunione, ogni invitato dovrà decidere, seduta stante, se desidera fare domanda di iscrizione al Club Plebiscito.eu e entro il giorno seguente versare la quota associativa.
Esistono 4 card di colore diverso, silver, gold, black, red, con fasce di impegno crescente.
Il livello più alto dà accesso inoltre anche alla possibile partecipazione al progetto strategico in corso sempre da parte di imprenditori veneti, impegnati nella costituzione di un fondo di venture capital.
Se desideri entrare in contatto con un socio del Club Plebiscito.eu vicino al tuo comune di residenza per poter essere invitato a una riunione di presentazione del Club, compila il modulo che trovi di seguito.
Ufficio comunicazione – Plebiscito.eu