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INDIPENDENZA DEL VENETO CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

INDIPENDENZA DEL VENETO CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

28 Dicembre 2015 1 Comment in editoriali news

Gli stati, le corporation, le organizzazioni ad ogni livello possono essere degli strumenti ad intelligenza artificiale ante litteram. L’AI può creare il tessuto connettivo che oggi manca al Veneto per poter esercitare la propria azione e pressione mediatica di apertura ad un mondo sempre più interconnesso e globale.

AISuzanne Sadedin, una biologa evoluzionista, ha scritto un interessante articolo nel quale ipotizza che gli stati, le corporation, le organizzazioni ad ogni livello possano essere definite una sorta di strumenti ad intelligenza artificiale ante litteram, in corso di evoluzione da secoli.

Con il proprio intervento la studiosa australiana vuole contribuire al dibattito in corso sulla pericolosità dei sistemi di intelligenza artificiale (AI, artificial intelligence), dopo l’allarme lanciato da diversi scienziati ed opinion maker, in primis Elon Musk and Stephen Hawking, rilanciando addirittura la tesi che una democratizzazione dell’intelligenza artificiale possa drasticamente accelerare un fenomeno di autodistruzione sistemica.

La definizione di stati, enti ed organizzazioni come strumenti ad intelligenza artificiale è ovviamente parziale, in quanto, come ribadisce l’articolo, essi non sono né senzienti, né autoconsapevoli né coscienti. D’altro canto essi dimostrano di possedere in modo crescente comportamenti finalizzati e scopi particolari, in modo equivalente a quella di agenti intelligenti autonomi.

“Queste “macchine di AI” possono apparire anche spietate nei confronti degli individui”: alzi la mano chi non ha provato tale sensazione, ad esempio, nei confronti della burocrazia italiana, o di organizzazioni come le banche, o equitalia.

“Tale spietatezza appare quasi vantaggiosa, per poter sopravvivere in un ambiente competitivo. Esse sono in competizione per lo sforzo umano, il coinvolgimento e l’impegno: in sintesi, per il denaro e per il potere. Così esse sopravvivono e crescono. Le nuove organizzazioni e quelle meno efficienti copiano le caratteristiche di quelle dominanti al fine di competere. Ciò le pone in un processo di selezione darwiniana, come ha notò Milton Friedman”.

Se fino a qualche tempo fa tali organizzazioni hanno fatto affidamento sul consenso dell’uomo e sulla sua partecipazione, confinandone l’azione all’interno dei vincoli dei valori umani e della sua morale.

Con l’avvento di apprendimento automatico, le cose sono cambiate. Ora abbiamo algoritmi che possono prendere decisioni complesse meglio e più velocemente di qualsiasi essere umano, su praticamente qualsiasi dominio specifico. Essi vengono applicati a problemi legati a grandi volumi di dati che vanno ben oltre l’umana comprensione. Eppure, questi algoritmi sono ancora stupidi in qualche modo. Essi sono progettati per ottimizzare i parametri specifici per insiemi di dati specifici, ma sono ignari della complessità del mondo reale, e delle conseguenze a lungo termine delle loro scelte.

Al di là degli scenari negativi che l’articolo poi sviluppa, per quanto riguarda la nostra situazione in Veneto credo che chiunque fin qui è riuscito a seguire la tesi dell’articolo, può ora anche facilmente comprendere come la soluzione di sviluppare una piattaforma di cittadinanza digitale veneta possa permetterci di superare le barriere di comunicazione sociale che finora ci hanno reso schiavi della macchina partitocratica italiana.

Superando i limiti attuali che esistono nei processi umani di costruzione del consenso sociale che i partiti usano, noi riusciremo semplicemente a renderli dei dinosauri di fronte al nuovo panorama di ingegneria sociale digitale che sapremo mettere a disposizione dei cittadini veneti.

Ciò è già avvenuto in una prima forma eclatante con il referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, che ha saputo travolgere il muro di gomma del silenzio mediatico che è crollato solo quando era troppo tardi per fermare il consenso plebiscitario emerso verso l’indipendenza della Repubblica Veneta.

Schermata 2015-12-28 alle 19.10.14Quando completeremo il nostro progetto con la piattaforma di cittadinanza digitale veneta, per il quale servono ancora cospicui finanziamenti, caleremo l’asso che consegnerà al passato i responsabili della più grave crisi socio-economica del Veneto e dell’Italia nella storia contemporanea, dal dopoguerra.

Tale strumento costituirà finalmente il tessuto connettivo che oggi manca al Veneto per poter esercitare la propria azione e pressione mediatica di apertura ad un mondo sempre più interconnesso e globale.

L’unica via di uscita dalla prigione del peggiore inferno fiscale del mondo è l’apertura e l’interconnessione con il mondo libero all’esterno di essa. Dalla pressione sociale che sapremo esercitare tramite tale piattaforma e dalla creazione di un modello economico che ci renda indipendenti dal sistema bancario italiano, prenderà forma la nuova Repubblica Veneta indipendente.

Una volta indipendenti, anche solo con il surplus finanziario di 20 miliardi di euro l’anno che oggi vengono bruciati sull’altare dell’appartenenza allo stato italiano, il Veneto saprà recitare un ruolo da protagonista, come nuova repubblica moderna, aperta, tollerante, in Europa e nel mondo.

Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu

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L’AUTONOMIA SENZA SOLDI È UN TENTATIVO VANO DI ESORCIZZARE L’INDIPENDENZA DEL VENETO

L’AUTONOMIA SENZA SOLDI È UN TENTATIVO VANO DI ESORCIZZARE L’INDIPENDENZA DEL VENETO

28 Dicembre 2015 4 Comments in editoriali news

Perché il governatore del Veneto e tutti coloro che si riempiono la bocca vanamente di diritto internazionale a supporto del diritto di autodeterminazione del Popolo Veneto non hanno presentato a loro volta ricorso a Strasburgo contro la Consulta?

Il-Veneto-indipendente-Avra-un-posto-al-G20-620x372In questi giorni il presidente della giunta regionale del Veneto ha riproposto il tema del referendum per l’autonomia del Veneto, che dovrebbe tenersi nel 2016.

Forse il governatore regionale del Veneto e assieme a lui tutti coloro che lo hanno appoggiato sul tema, dal pd, ai tosiani, ai 5 stelle, dovrebbero rileggersi i passaggi in cui la Corte Costituzionale, nel giudicare l’illegittimità del referendum di autonomia del Veneto previsto dalla LR 15/2014, si è pronunciata in modo negativo in particolare su alcuni aspetti, che appaiono significativi quanto rivelatori della particolare forma di “affetto” che lega la Repubblica Italiana al Veneto, svuotando l’eventuale referendum per l’autonomia di valore economico e quindi di concreta fattività sostanziale, eccependo ragioni di “equilibrio della finanza pubblica italiana e di solidarietà tra regioni”.

Noi invece non capiamo proprio il significato vero di un’autonomia regionale che non sia rappresentata da adeguate risorse economiche per finanziarla. Se serve una rappresentazione simbolica e di principi abbiamo già il Parlamento Provvisorio della Repubblica Veneta che se ne occupa egregiamente. A questo punto il consiglio regionale farebbe meglio a passargli in toto i propri poteri.

Non è la prima volta che il leader veneto della lega recita un ritornello che segna l’ennesima incoerenza del suo movimento e dell’azione di una maggioranza di governo regionale che da più di vent’anni ammorba il Veneto in tema di esempio civico nel mondo.

Certo, qualcuno dirà che si tratta di un inizio di un percorso: a noi pare più un tentativo di perdere tempo per mantenere il potere ed esercitarlo in modo autoreferenziale, come sempre è avvenuto nell’ultimo infausto ventennio.

Casomai servisse ripeterlo, la forma di “solidarietà” cui è tenuto il Veneto appare alquanto particolare, dato che invero dall’analisi delle serie storiche dei residui fiscali regionali per il Veneto essa appare a senso unico e sempre sfavorevole ai cittadini veneti e al loro territorio, configurandosi più come sottrazione continuata di risorse economiche a uno specifico territorio a vantaggio di altri, piuttosto che “solidarietà”.

Anche in termini di entità, tale sottrazione di risorse appare nella sua enormità sia in termini assoluti sia in termini comparati con altre regioni di altri Stati, nell’era attuale e anche nella storia, arrivando a coprire anche in termini percentuali quote del Prodotto Interno Lordo del Veneto pari al 10-15% e a una quota sull’intero gettito fiscale del Veneto pari al 28-30%. Tali cifre percentuali sono quindi valide mediamente anche in termini di prelievo sul pil pro capite e di quota sul gettito fiscale pro capite dei cittadini veneti, costituendo, data la ripetitività e la quantità, una sottrazione sistematica della proprietà privata dei cittadini veneti, trattandosi di denaro che non confluisce in alcun modo in spesa pubblica né centrale né locale ad essi destinata.

In termini storici tale fenomeno, quando si verificava in forme ben minori, non veniva definito “solidarietà”, bensì colonialismo. In tal senso si capisce allora pienamente anche il titolo di “governatore”, termine che nel passato spesso identificava proprio il responsabile locale del potere centrale coloniale e che oggi pare adattarsi perfettamente anche al caso del Veneto.

Tanto poco ci entusiasma quindi la prospettiva di un referendum per l’autonomia, che, come comunicato lunedì scorso ed entro i 6 mesi previsti dal regolamento CEDU, abbiamo presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, contro lo stato italiano, a seguito della violazione molteplici Articoli della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e dei successivi Protocolli avvenuta con la citata sentenza della Consulta, chiedendo tra le altre cose un risarcimento danni all’Italia di 600 miliardi di euro a fronte della serie storica impressionante di rapine fiscali degli ultimi 30 anni nei confronti dei cittadini veneti. La nostra azione è stata supportata è suffragata presentando una enorme quantità di allegati e di documenti, a sostanziare un atto e un fatto storico a difesa del nostro Popolo.

Una domanda ora sorge spontanea: perché il presidente della giunta regionale del Veneto non ha fatto altrettanto? Finalmente ne aveva l’occasione, servita su un vassoio d’argento: grazie alla sentenza inappellabile della Consulta, esauriti i gradi di giudizio interni allo stato italiano, finalmente per sussidiarietà poteva rivolgersi a una corte internazionale, come abbiamo fatto noi.

Già a suo tempo, dopo il Referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, egli, la giunta e il consiglio regionale avevano sbagliato a non rivolgersi alla Venice Commission, che rappresentava l’organo deputato cui rivolgersi anche in ottemperanza alla Risoluzione regionale 44/2012, per aprire il caso dell’autodeterminazione del Veneto a livello istituzionale.

Oggi però, dopo essersi vista sbarrata la strada dalla Consulta per un nuovo referendum regionale per l’indipendenza e svuotato di significato l’eventuale referendum regionale per l’autonomia, il non aver ricorso alla CEDU appare da parte sua un vero e proprio tradimento del suo mandato, oppure una ammissione di incapacità (il che sarebbe anche peggio).

Perché lui e altri che si riempiono la bocca vanamente di diritto internazionale a supporto del diritto di autodeterminazione e dell’indipendenza del Popolo Veneto non hanno dato seguito alle mille vane promesse e bla-bla-bla? Promesse ancora oggi ripetute a vanvera sui giornali come bufale natalizie, degne dei peggiori imbonitori e traditori dei cittadini e della società civile veneta che ancora oggi è nel pieno della più drammatica crisi socio-economica del dopoguerra.

La realtà è che la nostra azione di avanguardia per l’indipendenza del Veneto è da sempre anche l’unica azione coerente, di spessore e concreta che costringe una inutile classe di politicanti regionali ad inseguire il nostro percorso, tentando di cavalcarlo e scimmiottarlo pur di esorcizzarlo.

La ragione che hanno per tentare di impedirla, è che con l’indipendenza finirebbero i privilegi, le prebende e gli affari parassitari che solo la permanenza nella dittatura burocratica italiana permette a lorsignori di portare avanti, a danno dei cittadini veneti.

Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu

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INDEPENDENCE OF VENETO, STRASBOURG, EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS: GIANLUCA BUSATO LAUNCHES THE APPEAL AGAINST ITALY

INDEPENDENCE OF VENETO, STRASBOURG, EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS: GIANLUCA BUSATO LAUNCHES THE APPEAL AGAINST ITALY

21 Dicembre 2015 1 Comment in editoriali news

The appeal, which is composed of 471 pages and of 25 attachments, following the verdict 118/2015 of the Constitutional Court, evokes the previous verdict of the International Court of Justice on Kosovo’s independence, applying it to Veneto. A compensation of 600 billions euro have been asked for the last 30 years of tax robberies: “Stop the Italian tax colonialism in Veneto”.

images_cedu[Strasbourg, 21st of December 2015] – Today, 21 months exactly after the declaration of independence of Veneto held on the 21st of March 2014, Gianluca Busato presented to the European Court of Human Rights in Strasbourg the Appeal against Italy, seen and considered the breach of several articles of the European Convention on Human Rights and Fundamental Freedoms and the relative subsequent Protocols, which occurred with the Italian Constitutional Court verdict n. 118/2015.

This verdict aims to seriously violate the inalienable right to self-determination (individually and / or collectively expressable for the citizens of Veneto), violation which becomes even more severe considering its continuous form, given the unappealable nature of the Italian Constitutional Court.

cedu-coverConsidering the formulary and its 25 annexes, the appeal consists of 471 pages, which also include a large number of requests by way of compensation, made by Gianluca Busato by virtue of the mandate he received by the citizens of Veneto through the Digital Plebiscite held on March 2014. Among them: the request for the Court to recognize the non-violation of the international law for the organizers of the referendum for independence of Veneto (held from the 16th to 21st of March 2014) and the subsequent declaration of independence of the Veneto. The claim for direct and indirect damage to the citizens of Veneto was estimated at 600 billions euro, equivalent to the residual tax of Veneto of the last thirty years, undiscounted.

Particularly, the appeal shows that the decisione of Plebiscito.eu (Organizing Committee of the Referendum for independence of Veneto held form the 16th to 21st March 2014) for Veneto, was in line with the Advisory Opinion of the International Court of Justice ( ICJ) on the declaration of independence of Kosovo of 22nd of July 2010, regarding the private celebration of a referendum, seen that the Venetian referendum for indipendence was celebrated in accordance with the Resolution 44/2012 of the Region of Veneto. Moreover, also the declaration of independence of Veneto after the victory of the “Yes” during referendum through certified expression of an absolute majority of those entitled to vote.

cedu-1For that concerns the celebration of the referendum for indipendence of Veneto held from the 16th to 21st of March 2014, as implicitly confirmed by the Constitutional Court of the Italian Republic, the private pathway is the one and only that has had the espressed recognition of the ICJ, considering the absence of explicit relative provisions in the Constitution, as it happens in the case of the Italian Republic.

However, with respect to the declaration of independence of the Veneto, by analogy with the judgment of the ICJ, there is no prohibition applicable to the promulgation of declarations of independence, with the result that the declaration of independence of Kosovo of the 17th of February 2008 is not in violation of the general international law, as there is no legal impediment to the international declaration of independence proclaimed in Veneto, city of Treviso on the 21st of March 2014.

There’s even more. According to the ICJ, in fact, the respondents would not have acted as officer/s provided by the constitutional framework, but would have operated as constituting authority/ies of a new state, which, for its nature, is outside from the constitutional framework that did not provide such formo f power, and by analogy, the respondents acted as authors of the declaration of independence proclaimed in Veneto, city of Treviso on the 21st of March 2014. Moreover, starts from today the signatures gathering among the citizens of Veneto, in order to present a petition that will be attached to the appeal to the ECHR itself, under the terms of the Regulation.

Gianluca Busato said: “This is a critical step in the path towards full independence of Veneto. In a sense, we have to thank the Italian Constitutional Court, as allowed us to “clear” the Venetian quest, eliminating every possibility of remedy for the Italian state and, as a consequence, allowing us to appeal to the internasappadational courts. The first is obviously the ECHR, because the judgment has trampled basic rights and human freedoms. Our appeal wanted to finally denounce the particular form of “love” that binds the Italian Republic to Veneto, as demonstrated by the time series analysis of regional fiscal residues that appear only one way and always unfavorable to Venetian citizens and their territory , taking shape as the more continuous evasion of economic resources in a specific territory for the benefit of others, rather than “solidarity”. In historical terms this phenomenon, as occurred in much smaller forms, was never defined as “solidarity”, but as “colonialism “.

Press Office – Plebiscito.eu

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INDIPENDENZA DEL VENETO, STRASBURGO: GIANLUCA BUSATO PRESENTA RICORSO CONTRO L’ITALIA ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

INDIPENDENZA DEL VENETO, STRASBURGO: GIANLUCA BUSATO PRESENTA RICORSO CONTRO L’ITALIA ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

21 Dicembre 2015 18 Comments in editoriali news

Il ricorso di 471 pagine e 25 allegati a seguito della sentenza 118/2015 della Corte Costituzionale evoca anche per il Veneto il precedente della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sull’indipendenza del Kosovo. Chiesti 600 miliardi di euro di risarcimento danni per gli ultimi 30 anni di rapine fiscali: “stop al colonialismo fiscale italiano in Veneto”.

[Strasburgo, 21 dicembre 2015] – Oggi, a 21 mesi esatti dalla dichiarazione di indipendenza del Veneto del 21 marzo 2014, Gianluca Busato ha presentato alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo il Ricorso contro l’Italia, a seguito della violazione molteplici Articoli della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali e dei successivi Protocolli avvenuta con la sentenza della Corte Costituzionale 118/2015.

Tale sentenza mira a conculcare in modo grave l’inalienabile diritto di autodeterminazione soggettivo e/o in forma collettiva dei cittadini del Veneto, violazione ancora più aggravata perché avviene in forma continuativa, data la natura inappellabile della Corte Costituzionale Italiana.

CDVIl ricorso si compone di 471 pagine tra formulario e i 25 allegati, che comprendono anche una nutrita serie di richieste a titolo risarcitorio, effettuate da Gianluca Busato in virtù del mandato ricevuto dai cittadini veneti tramite il Plebiscito Digitale di marzo 2014. Tra di esse spiccano la richiesta alla Corte di riconoscimento della non violazione del diritto internazionale da parte degli organizzatori del referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo e della successiva dichiarazione di indipendenza del Veneto. La richiesta di risarcimento danni diretti e indiretti nei confronti dei cittadini veneti è stata stimata in 600 miliardi di euro, equivalenti al residuo fiscale del Veneto negli ultimi trent’anni, non attualizzato.

cedu-coverIn particolare, dal ricorso emerge che anche per il Veneto si è confermato come la decisione di Plebiscito.eu, Comitato Organizzatore del Referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, fosse in linea con il Parere Consultivo della Corte internazionale di Giustizia (ICJ) sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 22 luglio 2010 sia per quanto attiene alla celebrazione di un referendum sotto forma privata, in ottemperanza alla Risoluzione 44/2012 della Regione Veneto sia relativamente alla dichiarazione di indipendenza del Veneto successiva alla vittoria dei Sì nel referendum con espressione certificata della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto.

Per quanto riguarda infatti la celebrazione del Referendum di indipendenza del Veneto del 16-21 marzo 2014, come implicitamente confermato dalla stessa Corte Costituzionale della Repubblica Italiana, la via referendaria privata è l’unica che abbia avuto riconoscimento espresso dalla ICJ, in assenza di esplicite previsioni nella carta costituzionale, come avviene nel caso della Repubblica Italiana.

Per quanto concerne invece la dichiarazione di indipendenza del Veneto, per analogia con la citata sentenza della ICJ, non esiste nessun divieto applicabile alla promulgazione di dichiarazioni di indipendenza, con la conseguenza che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008 non è in violazione del diritto internazionale generale, così come non esiste alcun impedimento di diritto internazionale alla dichiarazione di indipendenza del Veneto proclamata a Treviso il 21 marzo 2014.

cedu-1C’è di più. Secondo la ICJ, infatti, i dichiaranti non avrebbero agito nella loro qualità di organo/i previsti dal quadro costituzionale, ma avrebbero operato come autorità costituenti un nuovo Stato, per l’appunto al di fuori di tale quadro costituzionale che un tale potere non prevedeva, così come allo stesso modo, per analogia, hanno agito gli autori della dichiarazione di indipendenza del Veneto proclamata a Treviso il 21 marzo 2014. Da oggi inoltre partirà anche una raccolta di firme tra i cittadini veneti, per una petizione popolare che sarà allegata al ricorso alla stessa CEDU, secondo i termini previsti dal regolamento.

Gianluca Busato ha dichiarato: “si tratta di un passaggio fondamentale nel percorso verso la piena indipendenza del Veneto. In un certo senso dobbiamo ringraziare la Corte Costituzionale italiana, poiché ci ha permesso di “sdoganare” la questione veneta esaurendo ogni possibile ricorso interno allo stato italiano e permettendoci così di adire le corti internazionali. La prima è ovviamente la CEDU, in quanto la sentenza ha calpestato basilari diritti e libertà umane. Con il ricorso si è voluto infine denunciare la particolare forma di “affetto” che lega la Repubblica Italiana al Veneto, come dimostra l’analisi delle serie storiche dei residui fiscali regionali che appare a senso unico e sempre sfavorevole ai cittadini veneti e al loro territorio, configurandosi più come sottrazione continuata di risorse economiche a uno specifico territorio a vantaggio di altri, piuttosto che “solidarietà”. In termini storici tale fenomeno, quando si verificava in forme ben minori, non veniva definito “solidarietà”, bensì colonialismo”.

Ufficio stampa – Plebiscito.eu

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TRA BAIL-IN E CDP, ALLA VIGILIA DEL FURTO SECOLARE DEI SOLDI DEI RISPARMIATORI VENETI E ITALIANI

TRA BAIL-IN E CDP, ALLA VIGILIA DEL FURTO SECOLARE DEI SOLDI DEI RISPARMIATORI VENETI E ITALIANI

19 Dicembre 2015 2 Comments in editoriali news

La tragica situazione del sistema bancario italiano che dal 1° gennaio prevede il meccanismo del bail-in e la trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una “nuova IRI” confermano la superiorità strategica del progetto di sviluppo economico del Veneto di Plebiscito.eu

In questi giorni assistiamo a passaggi economico-finanziari cruciali che riguardano lo stivale e che non a caso si verificano ora.

Vediamone in sintesi due punti significativi:

1) il salvataggio delle banche con crediti deteriorati (il famoso “bail-in”),
2) la trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una specie di “Nuova IRI”.

Partiamo dal primo punto. A partire infatti dal 1° gennaio 2016 lo scenario cambia radicalmente con l’entrata in vigore del bail-in, che prevede di azzerare o tagliare il valore delle azioni, di tutte le obbligazioni e dei saldi di conto corrente per la parte sopra i 100 mila euro, fino a ridurre del 12% le passività di qualunque banca che riceva un aiuto di Stato.

Il problema sta in circa 350 miliardi di euro di crediti bancari deteriorati, di cui 200 sono sofferenze bancarie. Le stime reali dei crediti incagliati potrebbero essere anche superiori, come per esempio si è scoperto anche oggi all’assemblea di Veneto Banca (26% sul totale).

#VenetoBanca, l’eredità di Consoli sono 2 miliardi di capitale bruciato e questi dati. Costi più alti, crediti marci pic.twitter.com/5S2csDdxc9

— daniele ferrazza (@dferrazza) December 19, 2015

L’Italia è lo stato europeo con il problema più grave a tal proposito e si comprende bene quindi perché oggi gli altri stati europei hano ritenuto di non addossarsi nodi storici italiani che oggi vengono al pettine. La politica italiana – sia al governo sia all’opposizione – tende come sempre a ritardarne l’assunzione di responsabilità, con brutte sorprese per investitori e risparmiatori che oggi hanno solo iniziato a rendersene conto. Tutti i partiti addossano le colpe all’esterno (Europa, BCE, Germania, “le banche” e forme varie di pluto-demo-complottismo e populismo), quando il reale problema è nello squilibrio e nell’obsolescenza del sistema economico-finanziario italiano, totalmente bancocentrico. Purtroppo il sistema bancario italiano è stato ed è storicamente vassallo di oligarchie e satrapie politico-affaristiche, connivente politicamente con sistemi generalizzati di voto di scambio e occhieggiante a forme di finanziamento del sottosviluppo italiano, integrandosi alla perfezione con i ben noti meccanismi di finanza pubblica territorialmente profondamente squilibrati e profondamente ingiusti e inefficaci. Il risultato è il disastro di oggi.

Crediti deteriorati in Europa (fonte: World Bank)
Crediti deteriorati nelle banche in Europa (fonte: World Bank)

Appare quindi quasi inevitabile la cura drastica del 2016, a base di furto del risparmio privato che appare sempre più probabile per ricapitalizzare le banche marce. E non è detto che funzioni. A quel punto lo scenario potrebbe diventare quello che apre le porte nuovamente alla Troika, come evocato oggi da Lars Feld, uno dei «cinque saggi» che consigliano il governo tedesco, forse il più vicino al ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble.

Il secondo punto annunciato in questi giorni dal governo Renzi è il cambio di marcia e di scopo della Cassa Depositi e Prestiti, destinata a trasformarsi in una sorta di “Nuova IRI”, con un piano annunciato che prevede di mettere a disposizione 160 miliardi di risorse “per supportare la crescita del Paese”.

Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (chiamata anche CDP S.p.A.) è la più grande società finanziaria italiana, partecipata per l’80,1% dal Ministero dell’economia e delle finanze, azionista di maggioranza. CDP gestisce una parte consistente del risparmio italiano: in particolare la sua principale fonte di raccolta è costituita dal risparmio postale (buoni fruttiferi e libretti).

Il problema principale a nostro avviso sta nell’eterno vizio della politica italiana di pensare di essere più intelligente delle logiche di mercato, cui nemmeno un gigante come CDP può sottrarsi, a maggior ragione considerato anche il ruolo che storicamente ha svolto e che continuerà a svolgere a supporto di attività delle Pubbliche Amministrazioni, per definizione poco redditizie (e che qualcuno malauguratamente vorrebbe anche estendere, per esempio, a quanto discusso al punto primo, ovvero il sostegno a banche sottocapitalizzate e con crediti deteriorati.)

Sospetto è, a tal proposito, che il Governo Renzi non abbia risposto alle tre domande che l’economista Giavazzi aveva posto ancora a giugno 2015 sul Corriere, prima che venissero nominati i nuovi vertici, che ora vedono quale nuovo Presidente il bocconiano Claudio Costamagna (per molti anni in Goldman Sachs).

Riportiamo sinteticamente le tre domande principali, lasciando alla lettura dell’ancora attuale articolo originale le argomentazioni in merito:

1) Perché l’utilizzo di questa straordinaria quantità di risparmio delle famiglie deve essere decisa dalla politica, anziché da investitori privati?

2) Se il governo italiano volesse usare la Cassa anche per risolvere crisi industriali – come ha dimostrato di voler fare nel caso dell’Ilva – dovrebbe cambiarne lo statuto. Per farlo, o estromette le fondazioni o le convince obtorto collo ad accettare una modifica dello statuto. Che intende fare?

3) Cosa pensa il governo italiano del rapporto fra Stato e mercato?

Le tragiche esperienze del passato dell’IRI – all’origine di un’infinità di problemi dell’attuale sottosviluppato sistema economico italiano e della sua incestuosa connivenza con le caste del sistema politico-clientelare – non ci lasciano di certo ottimisti di fronte a tali interrogativi, ovviamente senza risposta.

RU-CINA nuove vie della seta_bigE ci convincono ancor più della giustezza del nostro progetto dedito alla creazione di un nuovo sistema economico veneto indipendente basato su venture capital e private equity, attraverso un sistema di capitali privati, non affidando più alla deleteria, immorale, corrotta, incapace e tutto fuorché disinteressata mano pubblica che fino ad oggi ha dimostrato di non agire nell’interesse veneto e tutto sommato neanche in quello italiano.

Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu

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