CATALOGNA, IN GIOCO CI SONO LE FONDAMENTA MORALI E IL FUTURO D’EUROPA
Dalla Catalogna al Veneto: per Venezia, a cosa serve Roma se c’è già Bruxelles? Delle due l’una. Meglio la seconda. La UE deve diventare una federazione di 50 Stati indipendenti
I processi in corso in Spagna contro i rappresentanti istituzionali catalani apre un nuovo capitolo in tema di mancato rispetto dei diritti umani. Premesso infatti che tutte le attività del Parlamento e del Governo Catalano a partire dalla celebrazione del referendum di indipendenza della Catalogna del 1° ottobre (e da tutti i precedenti legislativi che lo hanno reso possibile) per finire alla dichiarazione di indipendenza della Repubblica Catalana del 27 ottobre (e atti successivi e collegati) rientrano esclusivamente nell’ambito delle “dichiarazioni”, o, in altre parole, della “libertà di espressione”, pur anche di organi e rappresentanti istituzionali, il tema di fondo di oggi è: dato che la libertà di parola e di espressione è una libertà fondamentale degli uomini, sancita dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e da molti altri pronunciamenti internazionali unanimente condivisi, insopprimibile da qualsiasi legge o costituzione, o interpretazione delle stesse, perché mai dovrebbero essere condannate delle persone, siano essi cittadini privati, o cittadini che rivestono un ruolo istituzionale a seguito di un processo popolare elettivo di rappresentanza democratica, per il solo fatto di aver dato voce e forma a una dichiarazione, a una libertà di parola e di espressione dei propri concittadini (in occasione del referendum del 1° ottobre, o degli organi direttivi del Parlamento Catalano per aver consentito il voto su una proposta di dichiarazione di indipendenza), o per aver esercitato in prima persona tale diritto umano fondamentale e insopprimibile (i deputati che singolarmente o in forma collettiva hanno votato tale dichiarazione)?
È infatti chiaro ed evidente che a tali dichiarazioni al momento non è seguito alcun atto formale. Non sono ancora stati costituti né sono operativi organi della Repubblica Catalana. Non sono stati costituiti né sono operativi funzionari o apparati amministrativi della Repubblica Catalana. Siamo nel regno delle dichiarazioni, appunto, quindi delle libertà fondamentali dell’uomo.
Quale principio vieta ai rappresentanti istituzionali di godere degli stessi diritti di tutti gli altri uomini? Nessuno. E anche se qualche legge, o qualche articolo costituzionale lo prevedesse, esso sarebbe chiaramente di efficacia nulla, proprio perché andrebbe a scontrarsi con un principio di natura superiore, inviolabile, che rientra appunto nell’ambito dei diritti umani fondamentali.
È mai possibile che in Europa, nell’Unione Europea che è nata proprio sulle ceneri delle violazioni dei diritti umani fondamentali, per assicurare ai cittadini europei pace e rispetto per tali principi violati dal nazi-fascismo, oggi si permetta di calpestare tali diritti inviolabili? Fino al punto anche di violare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)?
Se l’Unione Europea consentirà la condanna del Presidente della Catalogna Carles Puigdemont, del Vice Presidente Oriol Junqueras, della Presidente del Parlamento Carme Forcadell e di ogni altro rappresentante o funzionario istituzionale semplicemente per aver permesso di fare o effettuato libere espressioni del pensiero e non per atti, tantomeno per atti violenti, allora è chiaro che si aprirà una nuova pagina per l’Europa che purtroppo si troverebbe a tradire le proprie fondamenta morali e costituzionali, riaprendo la porta alle tragiche esperienze oscurantiste e dittatoriali del passato, che pensavamo di aver sepolto nella storia per sempre.
In Catalogna si gioca anche il futuro dell’Europa. La UE può decidere di ignorare tale evidenza e allora farà la fine che fece l’Unione Sovietica. È solo questione di tempo e di organizzazione.
L’Unione Europea non ha altro futuro se non evolversi in un sistema autenticamente federale, composto di tante regioni indipendenti quante se ne formeranno dagli inevitabili e inarrestabili processi di autodeterminazione. Se il cambiamento non viene dall’alto, giocoforza giungerà dal basso.
Non vi sono nemmeno scuse di difficoltà nella “governance” in un sistema che potrebbe benissimo arrivare ad essere composto di 50 stati, oppure anche di 95, per parafrasare il Presidente della Commissione Europea Juncker. Per avere un esempio di altri sistemi federali che funzionano si guardi alla Svizzera, o agli Stati Uniti d’America. L’UE rappresenta una conquista degli europei che ha permesso un periodo straordinario di pace, stabilità e benessere. Ora deve sapersi evolvere per garantirsi flessibilità, democraticità e resilienza d’insieme di fronte alle sfide imposte dalla globalizzazione, che di fronte all’emergere di un sistema internazionale interdipendente deve saper permettere l’allentamento delle inevitabili tensioni politiche e socio-economiche con nodi più estesi a maggior grado di libertà. Tradotto: 50 stati indipendenti (o anche 95), con maggiore responsabilità fiscale e civica rispetto a quelli attuali, figli delle ideologie dei secoli passati e oramai cadaveri istituzionali parassitari rigonfi di debiti sempre più insostenibili alimentati dal clientelismo e dall’affarismo politico irresponsabile.
Nei prossimi anni sarà sempre più chiaro che l’indipendenza delle Regioni storiche d’Europa si imporrà naturalmente nell’agenda politica dell’Unione Europea, proprio perché essa l’unica evoluzione politica sostenibile che può garantire pace, benessere, sviluppo e stabilità al vecchio continente.
A cominciare dalla Catalogna, ma subito dietro l’angolo c’è il Veneto, che è messo molto peggio come sfruttamento fiscale da parte dell’Italia e che può tra l’altro vantare una storia straordinaria e impareggiabile simboleggiata dalla propria età dell’oro di 1.100 di indipendenza della Repubblica Serenissima. Per Venezia, a cosa serve Roma se c’è già Bruxelles? Delle due l’una. Noi preferiamo senz’altro la seconda.
Andiamo a prenderci ciò che è nostro. Pacificamente, democraticamente, con pazienza e intelligenza, ma anche con la consapevolezza che niente e nessuno potrà fermarci, tantomeno vecchi arnesi costituzionali scritti dalle mani dei morti che mai potranno ingabbiare i vivi.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
REFERENDUM VENETO, LA CAPORETTO DELLO STATO ITALIANO
100 anni dopo un evento che aveva travolto l’Italia e distrutto la sua immagine, oggi i vari Bressa e Martina sono i nuovi Cadorna che nulla potranno contro la voglia di indipendenza del Veneto
Oggi il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa ha perso una buona occasione per restare zitto. Quando egli afferma infatti che la richiesta di statuto speciale da parte della regione Veneto «è una proposta che va contro l’unità e l’indivisibilità del Paese» dimostra di non sapere ciò che dice.
Lo statuto speciale è stato riconosciuto a regioni e province autonome quali la Sicilia, la Sardegna, il Friuli-Venezia-Giulia, la Val d’Aosta, Trento e Bolzano proprio per l’esatto contrario: ovvero mantenere l’unità dello stato italiano, che altrimenti sarebbe andata in frantumi contro la volontà di indipendenza di quelle popolazioni.
Oggi per il Veneto è la stessa identica cosa. Si metta in testa che chi è andato a votare ha fatto l’ultima possibile azione civica per poter mantenere l’unità dello stato italiano e che in realtà ci sono molti veneti, come il sottoscritto, che nemmeno hanno ritenuto di dare questa opzione allo stato italiano, in quanto ci siamo già attivati per l’implementazione passo passo della piena indipendenza del Veneto, forti del mandato ricevuto nel 2014 e oggi nella sostanza rafforzato: entro la fine del 2017 apriremo ufficialmente il censimento digitale della Repubblica Veneta. Noi ci muoviamo peraltro in un ambito non controllabile dallo stato: il cyberspazio, le criptovalute, le piattaforme digitali e così via.
Ieri era stata la volta di Maurizio Martina, il ministro dell’agricoltura che ieri ancora ad “urne calde” si era scagliato contro la legittima volontà dei veneti di trattenersi i nove decimi delle tasse pagate allo stato italiano e oggetto di un’autentica e ingiusta rapina fiscale.
Allora vogliamo mandare un messaggio ai vari Bressa e Martino: noi indipendentisti oggi da un punto di vista operativo forse siamo ancora pochi, ma è chiaro ed evidente a tutti che domani con il popolo veneto che ci appoggerà come un sol uomo saremo un fiume in piena se il governo italiano in tempi rapidi non si deciderà a prendere atto della Caporetto (evento di cui oggi ricorre il centenario) che lo ha travolto domenica scorsa con il referendum del Veneto che un secolo dopo ha passato anche la linea del Piave: se il governo non restituirà ai veneti le tasse pagate dai veneti, il fiume carsico dell’indipendenza riaffiorerà impetuoso in superficie e travolgerà ogni residua resistenza di uno stato fallito, sommerso dai debiti e imballato da clientelismo, parassitismo e volontà di predazioni delle aree più produttive del territorio.
Il governo italiano non ripeta gli errori di un secolo fa: accetti in pieno, velocemente e senza riserve le richieste del governatore Zaia e della regione Veneto, che sono magnanime e nel loro esclusivo interesse, proprio per salvare un’unita dello stato italiano in evidente rischio. Conceda lo statuto speciale al Veneto e lasci alla regione e agli enti locali la gestione diretta e senza vincolo di destinazione d’uso dei nove decimi delle tasse pagati ai veneti.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
REFERENDUM VENETO: IL GOVERNO ITALIANO DOVRÀ CEDERE SUL RESIDUO FISCALE, ALTRIMENTI SARÀ INDIPENDENZA
Se lo stato italiano non restituirà i soldi sottratti ingiustamente ai veneti, entro la fine del 2017 partirà il censimento digitale del futuro stato veneto indipendente. Anche l’Unione Europea dovrà diventare un sistema autenticamente federale
All’indomani del referendum di autonomia del Veneto, che ha visto una grande partecipazione popolare, Zaia e la regione Veneto ricevono un mandato molto più forte di quanto previsto semplicemente dagli art. 116-117 della costituzione. Una normale trattativa diretta infatti avrebbe già garantito tali passaggi senza bisogno di interpellare i cittadini, come dimostrato dal caso dell’Emilia-Romagna. Ma ora che i veneti si sono espressi in massa e data l’entità del risultato della consultazione referendaria scatta senz’altro un maggiore potere negoziale della regione Veneto. Che inevitabilmente andrà a toccare in modo sostanziale anche la quota di residuo fiscale, pari al 17-20% delle tasse pagate dai veneti, circa 15-20 miliardi sul totale di quasi 74 miliardi di euro. In tal senso le parole di Luca Zaia sono corrette: la regione e gli enti locali del Veneto dovranno trattenere il 90% delle tasse pagate dai veneti a fronte dell’esercizio diretto di tutte le competenze possibili previste dalla costituzione.
Se il governo non cederà sul residuo fiscale (che noi preferiamo chiamare rapina fiscale), è chiaro che si contrapporrà alla volontà popolare dei veneti. Ed è altrettanto chiaro che se la strada dell’autonomia e del federalismo fiscale si tradurranno in strade sbarrate, non vi sarà più alcun ostacolo al perseguimento dell’indipendenza del Veneto, esercitando il proprio diritto di autodeterminazione.
Per quanto ci riguarda, facendo nostro il mandato ricevuto fin dal 2014, annunciamo fin d’ora che se lo stato italiano non restituirà il maltolto ai veneti, daremo inizio fin da subito alla costruzione della struttura digitale del futuro stato veneto indipendente, con il censimento che inizierà entro la fine del 2017, in linea con quanto previsto dal diritto internazionale in tema di autodeterminazione dei popoli.
Il Veneto è una tra le regioni con maggiori potenzialità economiche d’Europa, che oggi sta enormemente soffrendo dalla predazione fiscale e civile italiana.
Il Veneto è sfruttato economicamente dallo stato centralista ancor più di quanto non lo sia la Catalogna dalla Spagna, che ora sta procedendo al tentativo di cancellarne addirittura l’autonomia.
Il futuro per le regioni produttive d’Europa come la Catalogna e il Veneto può essere solo di regioni indipendenti nell’Unione Europea, sul modello federale della Svizzera, o degli Stati Uniti d’America.
Anche i paventati timori sulla governabilità dell’Europa composta da 50 stati indipendenti paiono del tutto ingiustificate, proprio se andiamo a vedere il paragone con gli USA, dove appunto viene applicato un federalismo compiuto, che appare oggi l’unica prospettiva che possa garantire stabilità e forza all’Unione Europea.
Ufficio Stampa – Plebiscito.eu
DALLA CATALOGNA AL VENETO, L’UNIONE EUROPEA DEVE EVOLVERSI IN UN VERO SISTEMA FEDERALE
Referendum Veneto con un’affluenza travolgente. Gianluca Busato ad Al Jazeera: “il popolo veneto vuole i propri soldi indietro, l’unico modo di farlo è con l’indipendenza”
Il Referendum Veneto per una maggiore autonomia dall’Italia sta ottenendo una partecipazione molto elevata, molto più alta della Lombardia. Alle 19 l’affluenza dichiarata era del 51,9% sugli aventi diritto al voto. più alta del referendum più votato negli ultimi 15 anni, che era il referendum costituzionale perso da Matteo Renzi il 4 dicembre 2016. Ci si attende un risultato travolgente per il Sì all’autonomia in Veneto, mentre in Lombardia l’affluenza è molto più bassa, con solo l’11,03% che aveva votato alle 12.
Questa mattina Al Jazeera ha intervistato Gianluca Busato, leader di Plebiscito.eu, l’organizzazione che aveva organizzato il referendum digitale per l’indipendenza del Veneto del 2014.
Gianluca Busato ha dichiarato: “Il popolo veneto vuole più potere, vogliamo indietro i nostri soldi. D’altra parte va detto che questo è un vicolo cieco, poiché dopo questo voto la decisione sarà presa dal governo e dal parlamento italiano, dove i parlamentari veneti sono solo l’8% Sarà molto difficile ottenere qualcosa. Ci saranno molte persone che vorranno l’indipendenza e molte altre che vorranno di più l’autonomia Ma alla fine emerge un fatto: non puoi raggiungere l’autonomia in Italia senza l’approvazione del parlamento e dall’altra parte noi possiamo dire che se vogliamo l’indipendenza dobbiamo solo esercitare il nostro diritto all’autodeterminazione, pertanto per quello ci servirà solo l’opinione dei veneti. Naturalmente, dato che vogliamo ottenere una situazione vantaggiosa per tutte le parti, raggiungeremo un accordo con lo stato italiano, ma questa è un’altra faccenda, ovviamente”.
Riguardo la situazione in Europa, dalla Catalogna al Veneto e alle altre regioni che vogliono l’autodeterminazione, egli ha aggiunto: “Credo che ‘Unione Europea debba evolversi sul modello della Svizzera, o in qualcosa che assomigli a un sistema autenticamente federale, come gli USA, o altri paesi simili. Gli Stati Uniti hanno più di 50 stati, anche l’UE può avere 50 regioni indipendenti. Questo non è un problema per la governabilità e credo inoltre che vada nella direzione che vuole la gente e anche nella direzione migliore da un punto di vista economico e civico”.
Plebiscito.eu ha inoltre annunciato che considerata la facilità con cui in questi giorni la Spagna sta dimostrando di voler cancellare ogni autonomia della Catalogna con un semplice tratto di penna e che ciò sarà ancora più semplice da fare per l’Italia con il Veneto, allora dal 23 ottobre la campagna per l’indipendenza del Veneto riprenderà senza ulteriori distrazioni.
Ufficio Stampa – Plebiscito.eu
FROM CATALONIA TO VENETO, EUROPEAN UNION HAS TO EVOLVE INTO A REAL FEDERAL SYSTEM
Veneto referendum, a high turnout is coming out. Gianluca Busato to Al Jazeera: “people want their money back, only way is with independence”
Referendum in Veneto for greater autonomy from Italy is getting a high participation, much more than in Lombardy. At 12 turnout was at 21,1% on eligible voters, more than the most voted referendum of the last 15 years, that was the referendum to change the constitution lost by Matteo Renzi on 4th december 2016. An overwhelming turnout and result in favour of autonomy is expected in Veneto, while in Lombardy affluence is much lower with a turnout at 12 am at only 11,03%.
This morning Al Jazeera interviewed Gianluca Busato, leader of Plebiscito.eu, the organization which helded the 2014’s digital referendum on independence.
Gianluca Busato declared: “People want to say we want more power, we want our money back. On the other side I have to say this is a dead end, because after this vote it will go to the government, it will go to the italian parliament where venetian congressmen are only 8%. It will be very difficult to achieve something. There will be people who want more independence and other that want more autonomy. But at the end there is one fact: that you can’t have autonomy in Italy without the approval of the parliament and on the other side we can say ‘if we want our independence we have only to exercise our right to self-determination, so we need only the opinion on that of Venetians. Of course, since we want to have a win-win situation, we’ll have also an agreement with the Italian government, but that’s another matter, of course”.
About situation in Europe, from Catalonia to Veneto and the other regions that want self-determination, he added: “I suppose that European Unione has to evolve in something like Switzerland, or in something like a real federal system, like the US, or other countries like that. The US have 50 States, the EU can have 50 independent regions. That’s not a problem for governance and also it will be in the direction that people want and also on a better direction from an economic and a civic point of view”.
Plebiscito.eu has also announced that considering how easily these days Spain is proving to be able to cancel any autonomy of Catalonia with a simple stretch of pen, that could be also easier for Italy with Veneto and then from October 23, the Veneto independence campaign will resume without further distraction.
Press Office – Plebiscito.eu