CATALOGNA E SCOZIA VERSUS VENETO: ECCO LE DIFFERENZE TRA L’INDIPENDENTISMO CORAGGIOSO E I TASSATORI FOLLI
Sono di oggi due notizie importanti dalla Scozia e dalla Catalogna per l’indipendentismo in Europa, che contrastano un’infausta tendenza di ipertassazione leghista in Veneto
La prima novità è la decisione annunciata dal First Minister Scozzese Nicola Sturgeon per la probabile indizione da parte di Holyrood di un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia. A poco valgono le proteste del premier britannico Theresa May, in quanto il precedente giuridico del referendum del 2014 spiana la strada agli indipendentisti scozzesi, a maggior ragione dopo che il voto sulla Brexit ha visto risultati opposti tra Scozia, favorevole a restare nella UE (come l’Irlanda del nord) e il resto del Regno Unito favorevole all’uscita.
La seconda notizia proviene invece da Madrid, dove il tribunale costituzionale ha condannato il leader catalano Artur Mas all’interdizione dai pubblici uffici per due anni per aver organizzato il referendum di indipendenza della Catalogna del 9 novembre 2014, pur come consultazione informale. La decisione del tribunale spagnolo appare abnorme e in palese violazione di basilari diritti umani quali la libera espressione, dato che non si è nemmeno trattato di una consultazione istituzionale. Al punto che Artur Mas ha annunciato il ricorso in ogni sede a livello internazionale, a cominciare dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. La strada è la medesima intrapresa per il Veneto da Plebiscito.eu, pur nella diversità dei fatti.
E appunto, parlando di Veneto, che pure soffre di una rapina ancora più grande da parte del governo centrale italiano, rispetto ai casi catalano e scozzese, cosa succede negli stessi giorni?
La differenza appare purtroppo abissale, perché infatti se in Catalogna hanno leader che si prendono condanne dal regime per l’organizzazione di referendum di indipendenza, se in Scozia hanno leader che sfidano il governo di Londra per indire un secondo referendum di indipendenza, in Veneto invece abbiamo lader che tassano i cittadini per coprire lo sforamento di costi della pedemontana e reggono il sacco al governo parassita italiota che ogni ci ruba 21 miliardi di euro (e non solo).
Crediamo non ci sia da aggiungere nient’altro, la differenza è tutta qui.
Scozia e Catalogna hanno al governo regionale leader indipendentisti ed europeisti, cui va tutta la nostra solidarietà e appoggio, che difendono il proprio Popolo e il proprio territorio di fronte agli abusi e allo sfruttamento da parte dei rispettivi governi centrali, fino al punto di affrontare le sentenze liberticide dei tribunali “politici” di altri tempi.
In Veneto invece abbiamo al governo regionale i leghisti di Zaia tassatori folli e antieuropeisti che spremono ancor più il proprio Popolo e il proprio territorio, unendosi al governo centrale italiano nell’opera di colonizzazione.
Ecco quindi che nel momento in cui appaiono forti le differenze a livello europeo tra i vari popoli che perseguono il proprio legittimo ed inalienabile diritto di autodeterminazione, i veneti che hanno a cuore la libertà e l’indipendenza del Veneto all’interno dell’Unione Europea non hanno più alcuna alternativa a supportare in modo concreto il progetto moderno di Plebiscito.eu, aderendo come attivisti, o in qualsiasi altra forma utile a rafforzare il disegno di libertà che assieme potremo realizzare prima e con maggiore efficacia.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
“VENETO, PAGA E TASI”: QUANDO A DIRLO È LA LEGA CHE FINORA CI HA CAMPATO
Zaia recuperi i 2-300 milioni di euro per la Pedemontana aprendo un conto nel bilancio regionale chiamato “residuo fiscale”: lì troverà 20 miliardi all’anno
La notizia è sempre quella dell’uomo che morde il cane, mai il viceversa. Ecco allora che la crisi della tassa speciale ai Veneti per pagare lo sforamento di costi della Pedemontana che sta scuotendo la placida gestione Zaia in regione Veneto è proprio questa: non puoi permetterti di costruire la tua straordinaria carriera politica scagliandoti contro Roma e il governo italiano (a parte quando sei tu ad essere ministro dell’agricoltura) per poi comportarti come loro.
Se a i “sinistri”, dai cattocomunisti, ai post-comunisti, ai carrieristi renziani la chiamano “solidarietà”, caro Zaia e cara Unindustria non vi basta ribattezzarla ora come “responsabilità” per nascondere il fatto che si tratta sempre e solo della stessa solfa: “VENETO, PAGA E TASI”.
Ovvero, cari Veneti, voi dovete pagare 2-3 volte le stesse cose e poi ripagarle ancora, perché nel frattempo qualcuno, da qualche parte, ha già rubato 2-3 volte i soldi che voi avete già pagato per finanziare a ufo i privilegi di qualche anonimo parassita ben nascosto sotto il comodo ombrello della cleptocrazia italiana, fonte cui si abbeverano partiti, sindacati e caste di varia natura, tutte accomunate dall’elegante uso del verbo atto all’inganno e finalizzato al furto dei vostri soldi.
Questo avviene dopo una impressionante serie di scandali e tragedie che hanno scosso l’opinione pubblica e il tessuto socio-economico profondo del Veneto.
Non siamo ancora usciti dallo scandalo del Mose. Che ha riguardato il predecessore di Zaia, Galan, per 15 anni governatore del Veneto (di cui lo stesso Zaia è stato vice, ricordiamocelo bene). “Il nordest sono io”, pontificava, salvo offendere noi indipendentisti dall’alto della sua lestofante carriera politica.
Poi il crack di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, i cui effetti non hanno ancora terminato di farsi sentire nell’economia veneta, nelle imprese e nelle famiglie di investitori (spesso inconsapevoli se non ingannati) e risparmiatori e che sono potuti avvenire certo per la gestione probabilmente criminale dei suoi vertici, ma anche, e per certi versi soprattutto, con il silenzio-assenso della dirigenza politica regionale che in termini elettorali ha goduto di tutti i benefici collaterali a una strategia fallimentare a breve termine che ha favorito clientelismo e malagestio e che ha accompagnato il silenzio-assenso ad ogni livello statale e centrale, compresi quelli istituzionalmente votati all’azione di controllo.
Per non parlare della questione PFAS e del classico motto e dello sport molto italiano dello scaricabile all’insegna del “non sapevo, non ho visto, non credevo”. E, per restare all’ambiente, forse ci siamo scordati l’alluvione del 2010, i tornado nella riviera del Brenta e le relative questioni aperte di rimborsi vari?
La sequenza solo dei casi più eclatanti è drammaticamente lunga persino per la quasi totalità degli organi di informazione locali e nazionali che all’unisono tentano in ogni modo di tenere in piedi e nascondere gli esiti drammatici di una gestione del potere locale in salsa leghista più che ventennale che come minimo fa il pari con quella vergognosa e fallimentare dei partiti di sinistra (e spesso anche di destra) a livello centrale. Altro che “governatore più amato d’Italia”!
Non c’è nessuna differenza tra Roma e Venezia, la musica è la stessa. Il metodo è lo stesso. L’unica differenza la fanno i veneti e la loro proverbiale operosità, ma va detto purtroppo che la malapianta della corruzione sistemica e del degrado ci stanno intaccando nel profondo anche a livello sociale profondo.
No, cari amministratori della lega, cari rappresentanti di corporazioni e categorie professionali, cari rappresentanti dell’élite dirigente veneta. No, così non va.
Non potete creare il vostro sottobosco di potere sullo slogan “Veneto paga e tasi” per poi applicarlo con nonchalance alla prima occasione che vi si presenta.
Caro Zaia, se ti servono quei 300 milioni, apri immediatamente un conto nel bilancio regionale denominato “residuo fiscale dallo stato”: lì ci trovi una ventina di miliardi di euro ogni anno, per non contare gli arrretrati, che probabimente ci portano verso i 500-1000 miliardi di euro che i Veneti avanzano dall’Italia: trova lì i soldi per finire la Pedemontana e non aggiungerti anche tu alla lunga fila di ladri in giacca e cravatta che ogni notte entrano nella case dei veneti in guanti bianchi rubandoci il frutto del nostro lavoro.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
LA DITTATURA DELL’IGNORANZA ALLA BASE DEL FALLIMENTO ECONOMICO ITALIANO
Il mostruoso scenario dello stupidario che domina il quadro politico italiano e che tutto pervade potrà essere sconfitto solo dai territori liberati dallo stato che sapranno conquistare la propria indipendenza e vincere le sfide della modernità
Il dramma italiano è dato anche – e forse soprattutto – dal totale dominio dell’ignoranza che pervade tutto il campo politico e che vede i partiti e singoli politici anche all’interno di ogni partito fare a gara a chi dimostra più nescienza arrogantemente spesso nemmeno autoconsapevole e sempre irresponsabile.
Ciò avviene praticamente in ogni ambito, economia, scienza, tecnologia in primis. I politici italiani – e di conseguenza la stragrande maggioranza degli italiani (il pesce puzza sempre prima dalla testa) – non sanno proprio fare i conti: non è cattiveria, sono proprio ignoranti. Anche l’esaltazione della cultura umanistica diventa solo strumentale per smarcarsi proprio dalla scienza e dal sapere che maggiore sviluppo hanno proprio in ambito lavorativo e di sviluppo economico.
Anche sul fronte della scuola sono ancora forti le vestali del liceo classico, istituzione assurda e priva di qualsiasi oggettivo legame con la cultura moderna, in cui la matematica diventa una materia quasi opzionale. Come se il far di conto fosse un lusso per un diplomato, indipendentemente dal suo indirizzo. Far di conto non è un lusso per un diplomato e non lo è nemmeno per qualsiasi cittadino che voglia vivere da cittadino libero.
Avviene così che mentre i Paesi più avanzati del mondo fanno leva sulle STEM, Science, Technology, Engineering e Mathematics, quali discipline che permettono agli studenti di trovare un impiego in un mondo che entro un paio di decenni, grazie al progresso scientifico e tecnologico e all’intelligenza artificiale, vedrà sparire un lavoro su due tra quelli che oggi esistono, secondo le stime più ottimistiche, nello stato italiano vi sono molti che invece difendono un’impostazione legata ad un secolo fa. Sembra che il ministro dell’istruzione sia ancora Giovanni Gentile, insomma. E l’Italia è sempre più un’assurda Arcadia della cultura.
In questo panorama si inserisce in modo naturale e del tutto consequenziale tutto il mostruoso scenario dello stupidario che domina il quadro politico italiano e che tutto pervade.
Dalla questione dell’euro, che vede i sovranisti arrampicarsi in improbabili teorie apocalittiche basate proprio sull’ignoranza (e sulla disonestà intellettuale), al socialismo strisciante, che spazia dal reddito di cittadinanza, al lavoro di cittadinanza, fino all’assurdo di oggi, le pensioni di cittadinanza – sic! – per i giovani, dal debito pubblico alimentato dalla spesa pubblica (che finanzia ovviamente solo sottosviluppo e clientelismo per voto di scambio), all’opposizione a Uber e ad ogni idea di liberalizzazione dei mercati, in particolare nei settori e nelle imprese occupati militarmente dalla pubblica amministrazione e dalle corporazioni professionali infausta eredità del fascismo, dalla lotta all’Unione Europea e alla sua presunta euroburocrazia, che tutta insieme ha meno addetti del comune di Napoli, o di Roma, alla irrazionale opposizione ai trattati di libero commercio internazionale con il Canada (il famoso CETA), che secondo i detrattori aprirebbe i nostri mercati ai “veleni” dell’OGM (mentre in realtà è vero esattamente il contrario, ovvero sarebbe il Canada ad aprirsi ai nostri prodotti agroalimentari di qualità).
Questa irrazionale e disinformata avversione poi rasenta il massimo quando si tratta di osteggiare le “multinazionali straniere”, che appaiono quali mostri alieni pronte ad uccidere la nostra identità, le nostre culture, sotto la direzione di potentati occulti, di “grandi vecchi” pronti a ridurci tutti in schiavitù.
Se pensiamo solo al fatto che le aziende e i marchi di più grande capitalizzazione pochi decenni fa nemmeno esistevano e che spesso sono state create da ragazzini di 20 anni, o poco più, ci rendiamo conto dell’assurdità della visione di queste paure, basate essenzialmente sull’ignoranza. A renderci infatti schiavi non sono certo le multinazionali, che anzi spesso hanno messo a disposizione dei consumatori prodotti, beni e servizi di consumo a prezzi sempre più bassi e con caratteristiche e funzioni sempre più ricche, bensì gli stati e le amministrazioni pubbliche, in particolare in Italia, che hanno aumentato la pressione fiscale in modo impressionante, a fronte di servizi pubblici sempre più scadenti. In particolare per il Veneto, che vanta un differenziale impressionante e vergognoso tra soldi pagati in tasse e servizi forniti.
Paradossale è poi che tale predominio odierno dell’ignoranza, in particolare dell’ignoranza matematica, purtroppo sia esattamente in contraddizione a ciò che portò invece la cultura italiana alla supremazia nel suo momento di più alta gloria storica, il Rinascimento (quando non esisteva uno stato unitario italiano): la rabbia allora aumenta ancor di più.
Il tempio della finanza londinese ancor oggi si chiama infatti Lombard Street, in riconoscimento di ciò. Così come la partita doppia fu inventata dai Veneziani. E la prima banca al mondo fu Toscana (la stessa che oggi le fondazioni del pd hanno portato sul baratro).
Ricordiamo allora ancora una volta che il primo libro di matematica – e una delle prime opere scientifiche in assoluto – mai stampato al mondo vide la luce a Treviso, nel 1478. Il titolo del libro è “L’arte dell’abaco” (noto in lingua inglese anche come “Treviso Arithmetic”). L’autore è anonimo, con tutta probabilità un religioso. Il libro è scritto in lingua veneta ed è facilmente leggibile ancor oggi. Il testo completo può essere scaricato da questo collegamento.
Si tratta di un’opera divulgativa, dedicata alle applicazioni commerciali dell’aritmetica, destinato all’utilizzo degli operatori. Esso aiutò a porre fine al monopolio della conoscenza matematica e diede grande impulso alla sua diffusione presso la classe media. Non era rivolto ad un pubblico esteso, bensì destinato ad insegnare la matematica a chi doveva utilizzarla quotidianamente.
Il libro stampato a Treviso, è uno dei circa 30 libri di aritmetica stampati prima della fine del XV Secolo, metà dei quali ancora in latino. Nel periodo in cui uscì il libro le attività commerciali della Serenissima Repubblica di Venezia erano più che mai floride e l’ambiente era ideale allo sviluppo dell’attività della stampa: pensiamo che su circa settanta stamperie esistenti al tempo in Europa circa cinquanta erano attive nella sola Repubblica Veneta e di queste, tredici erano site nella città di Treviso.
Alla luce di tale gloriosa tradizione, si capisce bene quanto l’ignoranza matematica di oggi sia una colpa ancora più grave e che senz’altro fa meritare all’Italia il suo viatico verso il fallimento come stato unitario.
Solo il ritorno alla responsabilizzazione finanziaria territoriale – e quindi a un recupero del dominio della cultura scientifica a partire proprio dal “saper far di conto” che proprio attraverso l’indipendenza delle aree più mature potrà prendere forma, riporterà l’area geografica italiana ad un nuovo ciclo virtuoso: non più quindi lo stato italiano, violento, vigliacco e guerrafondaio, che sparirà – com’è giusto che sia – quale entità unitaria, ma i suoi territori liberati che sapranno conquistare la meritata indipendenza potranno raccogliere e vincere le sfide della modernità.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
PRO INDIPENDENZA, PRO EUROPA, PRO EURO, PRO INNOVAZIONE, PRO COMMERCIO INTERNAZIONALE: COME COMBATTERE IL MEDIOEVO ITALIANO
In questi giorni assistiamo a una accelerazione così forte del degrado italiano che si fa fatica anche a commentare: gli eventi sconvolgenti sono tali e tanti da lasciare attoniti.
L’Italia vola allegramente verso il baratro, mentre l’azionista di maggioranza del governo vola in California a scoprire le tecnologie e i modelli di business innovativi che il suo partito e i suoi ministri bocciano in Italia, piegandosi alla violenza di una minoranza di tascisti che lanciano tranquillamente bombe carta e ottengono ciò che vogliono, a discapito dell’interesse dei cittadini.
Sembra di vivere un film dell’orrore, o forse una sorta di deja vu, dato che anche poco meno di un secolo fa abbiamo assistito a un’italietta in cui le classi dirigenti si piegarono alla volontà di minoranze violente. Ci ricordiamo tutti com’è finita, vero? Tutti, a parte, sembra, i politici italiani di ogni partito, che, tutti uniti, predicano semplicemente la fuga della realtà pur di evitare l’impatto con la responsabilità.
Tutti sono uniti. Tutti combattono l’Austerity, imposta dalla maledetta Europa. Peccato però che di austerity se ne veda ben poca, con un debito pubblico galoppante e una spesa pubblica che cresce senza soste, financo a proporre cose assurde tipo la proroga dell’estensione della cassa di integrazione straordinaria per i dipendenti di partiti che sono morti, i DS e il PDL (sic)! Certo, in quel caso si tratta di un favore a un uomo potente, tale ex ferroviere Ugo Sposetti, “compagno” in politica da 40 anni, parlamentare da 20, che scopriamo essere il vero, unico, reale, legale proprietario dell’intero patrimonio immobiliare del PD (che quindi non è del PD!), che fa capo a una oscura persona sola, che ovviamente esercita il suo potere, tanto da resistere alle azioni legali di Palazzo Chigi e dello stesso PD, tanto da imporre le sue leggine di spesa pubblica che non fanno tanto austerity. Un dalemiano doc, che però oggi preferisce restare nel PD e non seguire il suo capo-corrente, perché così magari potrà raddoppiare i canoni di affitto alle sedi del partito.
Tutti i partiti, senza distinzione, chiedono maggiore flessibilità sulle regole europee, la revisione del trattato di Maastricht, o dei parametri del Fiscal Compact. Peccato che tali regole non siano mai state rispettate. In teoria il debito pubblico italiano rispetto al Pil secondo Maastricht dovrebbe essere al 60% al massimo, oggi siamo al 132,8% e si stima andremo al 133,3% nel 2017.
Ma chi paga questo debito? O meglio, chi ci fa credito, indirettamente, per continuare a servirlo? Beh, ovviamente la tanto odiata BCE, che con il suo tanto vituperato Quantitative Easing ha di fatto creato le condizioni perché potessimo passà a nuttata dopo che nel 2011 ci stavamo schiantando con Berlusconi e uno spread, il differenziale tra i btp italiani e i bund tedeschi decennali, che stava volando verso i 600 punti. Tanto che se adesso dovessimo lasciare l’euro, come propone quasi la maggioranza assoluta dei rappresentanti politici italiani, a leggere i sondaggi, dovremmo tanto per gradire restituire il dovuto saldo del sistema di interpagamenti bancari europei, il Target 2 evocato da Draghi che per l’Italia cuba 359 miliardi di euro.
Ma qual è la responsabilità da cui fuggono tutti i partiti e tutti i politici italiani, senza distinzione di campo?
Beh, semplice: la fine del sistema clientelare che permette loro di costruirsi il consenso con il voto di scambio. Che tradotto significa l’adozione di non una, ma di tutte le seguenti misure, che noi proponiamo come programma.
PROGRAMMA IN 20 PUNTI PRO INDIPENDENZA, PRO EUROPA, PRO EURO, PRO INNOVAZIONE, PRO COMMERCIO INTERNAZIONALE: COME COMBATTERE IL MEDIOEVO ITALIANO
- Negoziati per indipendenza del Veneto e di tutte le regioni che la richiederanno, oppure che avanzeranno domanda di maggiore autonomia. Da tali negoziati saranno stipulati gli accordi di ripartizione del debito pubblico in base ai criteri internazionalmente adottati. Ciò consentirà: di ripianare parte del debito pubblico e di garantirne la sostenibilità per lo stato italiano e nel contempo di generare cicli economici virtuosi nelle regioni rese indipendenti grazie ai surplus finanziari che potranno essere generati e alla maggiore responsabilità finanziaria territoriale che ne deriverà.
- Tagli dei costi della casta politico-giudiziaria-sindacale, con retribuzioni medie che sono il triplo della media europea.
- Taglio dei finanziamenti al sistema dei partiti e abolizione privilegi normativi delle fondazione politiche e delle organizzazioni sindacali. I partiti e i sindacati devono trovare finanziamenti in ambito civico e non per favoritismi legislativi che innescano clientelismo e corporativismo.
- Taglio dei sussidi alle imprese e ai giornali, privatizzazione della rai.
- Liberalizzazione dei settori occupati dallo stato, ad iniziare da trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali, banche.
- Politica energetica sostenibile, con apertura e facilitazione di fonti energetiche pulite, compresa l’energia nucleare.
- Dismissione dalle partecipazioni pubbliche: vi sono oltre 10.000 imprese compartecipate dallo stato e dalle sue ramificazioni; la stragrande maggioranza sono spreco di risorse pubbliche senza alcun beneficio, anzi con danno del sistema di libera concorrenza.
- Lotta a corruzione, al nepotismo e al clientelismo.
- Combattere la discriminazione di età e genere nel lavoro.
- Privatizzazione o chiusura di tutti gli apparati pubblici inutili, il personale sarà assorbito dal mercato privato, o in mobilità. Obiettivo di tale manovra è di smagrire il bilancio dello stato di almeno 1 milione di stipendi pubblici sugli attuali almeno 5 (3,3 a tempo pieno + 2 tra tempo determinato, partecipate, consulenze esterne).
- Riformare il sistema pensionistico improntandolo all’equità intergenerazionale e intragenerazionale.
- Creazione Zone Economiche Speciali e Free Tax Zone per attrarre investimenti, in particolare internazionali: in aree ad alto potenziale logistico globale e in zone depresse istituire 10 aree a tassazione agevolata (iva ridotta al minimo UE, 0-low income corporate tax e deducibilità investimenti per 5-10 anni). Aree più interessanti per ZES: 3 in Veneto, 2 Liguria e Piemonte meridionale, 1 Toscana, 1 Napoli, 1 Puglia, 2 Sicilia e Calabria, 1 Sardegna.
- Piano di infrastrutture territoriali, grazie all’accesso ai fondi internazionali di sviluppo dei nuovi corridoi intercontinentali di comunicazione e trasporto, quali i Corridoi Europei e Internazionali e le Nuove Vie della Seta.
- Risanamento e de-politicizzazione sistema bancario, con affidamento ai meccanismi europei per il salvataggio delle banche (ESM).
- Riforma del sistema del credito troppo banco-centrico con introduzione e facilitazione dell’adozione di nuovi sistemi di capitali privati, quali venture capital e private equity, con adozione di leggi che ne favoriscano l’azione, quale la legge 15 giugno 2004 del Lussemburgo sulle Sicar.
- Completa riforma del fisco con pesante riduzione pressione fiscale, a cominciare da reddito da lavoro e d’impresa, in particolare con introduzione principio federale e di sussidiarietà: le tasse vanno pagate al livello territoriale di competenza del servizio cui sono associate. I servizi pubblici vanno svolti al livello territoriale di competenza, lasciando al livello superiore quelli troppo complessi per essere svolti localmente, oppure un’alternativa più semplice: aliquota fiscale unica (per il Veneto indipendente potrà essere ad esempio il 15% del reddito, mentre sicuramente per l’Italia sarà superiore, al di là delle stupidaggini che dice Salvini) e ripartizione gettito fiscale alla fonte: 10 % livello centrale, 20% livello intermedio (regione-provincia), 70% livello locale.
- Riforma sistema giudiziario, in particolare snellimento burocratico processi, eliminazione privilegi di casta giudiziaria unito al rafforzamento di indipendenza della magistratura dalla politica.
- Sostenimento temporale disoccupati, in particolare delle fasce che escono troppo presto dal ciclo produttivo: tale sostegno sarà legato a impegno formativo per la riqualificazione professionale.
- Mantenimento dell’euro come moneta ufficiale, rispetto delle regole europee di bilancio.
- Forti politiche a sostegno dell’innovazione in particolare nell’ambito di nuova imprenditorialità nei settori strategici digitali, fintech e criptovalute, intelligenza artificiale, bioingegneria.
Solo adottando tutte queste misure, nessuna esclusa, lo stato italiano si potrà salvare dalla altrimenti inevitabile bancarotta. Il resto sono solo vie più o meno accelerate verso panorami di desolazione e fallimento con opzioni che possono variare tra scenari venezuelani, o messicani.
Per aiutarci a realizzarlo prima e meglio, partecipa a #VenetoRibellati domani Venerdì #24febbraio da #Padova dalle ore 19.30 in Piazza delle Erbe: daremo il via a una nuova fase di consapevolezza che una via d’uscita dalla crisi sistemica italiana c’è e parte proprio dal Veneto. Più saremo, prima e meglio ci riusciremo! #VenetoRibellati!
Gianluca Busato
Plebiscito.eu
CRIPTO-STATO, ANDAMENTO DEI LAVORI A UN ANNO DALL’ANNUNCIO
Esattamente un anno fa abbiamo annunciato il via alla realizzazione del Cripto-Stato della Repubblica Veneta, la complessa infrastruttura informatica che potrà renderci indipendenti di fatto, erogando servizi pubblici o offerti da privati, disintermediandoci totalmente dallo stato italiano.
Considerati i tempi di attesa collegati alla finalizzazione del progetto cui stiamo lavorando che risulta estremamente complesso ed oneroso (mai nessuno al mondo aveva dato il via a qualcosa di simile prima di noi), abbiamo deciso di anticipare il titolo di accesso a tale sistema offrendo gratuitamente a tutti coloro che avevano prenotato tale Card la carta di identità della Repubblica Veneta.
Essa è il documento emesso dalla Repubblica Veneta nata dopo il Referendum di indipendenza del 2014: la sua prima funzione è quindi di identificazione anagrafica. Essa in futuro potrà essere unificata con la Card di accesso al Cripto-Stato tramite un aggiornamento e può essere ottenuta già oggi in circa 30 giorni richiedendola on line da http://blog.plebiscito.eu/repubblica-veneta/anagrafe-centrale-della-repubblica-veneta/. Per ottenerla gratuitamente basterà indicare la propria email o altri dati dell’ordine effettuato per la Card Digitale. Chi l’avesse già ordinata e ottenuta in passato pagando il tributo, ora potrà regalarne una copia a un’altra persona (che sia ovviamente consenziente).
L’accesso al Cripto-Stato sarà quindi totalmente funzionante quando il progetto di sviluppo entrerà nella sua fase di sviluppo più avanzata con i primi moduli e i relativi servizi offerti ai cittadini. Serve ancora tempo per poter arrivare a tale punto. Fin dall’inizio avevamo indicato una forchetta tra i 6 e 18 mesi come periodo minimo. In realtà ci serviranno almeno 6 mesi in più per aprire l’accesso al pubblico.
Nel corso di quest’anno abbiamo selezionato e assunto i primi sviluppatori che hanno iniziato a dare forma al progetto. Considerato il fatto che ovviamente non ci possono essere le risorse economiche per pagare gli stipendi elevati necessari per coprire le competenze professionali di questa tipologia, essi ovviamente lavorano in parte ad esso e in parte alla creazione di altre piattaforme commerciali, che condividono parzialmente l’architettura tecnologica con quella che avrà il Cripto-Stato e consentono di creare un modello economico che stia in piedi.
Un esempio pratico sono alcuni protocolli di interfacciamento remoto (API) che avrà la piattaforma e che in parte trovano applicazione commerciale pilota già resa disponibile ad alcuni programmatori ed aziende.
Nell’attesa abbiamo pertanto deciso di anticipare il titolo di accesso a tale sistema emettendo la carta di identità della Repubblica Veneta che è un documento emesso dalla Repubblica Veneta nata dopo il Referendum di indipendenza del 2014: la sua prima funzione è quindi di identificazione anagrafica. Essa in futuro potrà essere unificata con la Card di accesso al Cripto-Stato tramite un aggiornamento e può essere ottenuta già oggi in circa 30 giorni richiedendola on line da http://blog.plebiscito.eu/repubblica-veneta/anagrafe-centrale-della-repubblica-veneta/.
Ufficio Sviluppo – Plebiscito.eu