LA PESTE ITALIANA SI SCONFIGGE CON UN DISEGNO SUPERIORE, CHE ORIGINERÀ L’INDIPENDENZA DEL VENETO
Nei giorni in cui Treviso viene violentata dai simboli tricolori di uno stato parassita e guerrafondaio, emerge la debolezza del verminaio nazionalistico italiano sempre più prossimo alla fine dei propri giorni
Il più grande difetto italiano è il provincialismo, rappresentato benissimo dalla presunta superiorità che molti poveri babbei decantano (“l’Italia è il paese più bello del mondo”, “il made in italy è superiore”, “la Ferrari è italiana”).
La realtà è che si tratta di un lunghissimo elenco di stupidaggini che distorcono la realtà con concetti inesistenti, autentiche “fake news”. Ad esempio, l’Italia sarà forse il paese più bello del mondo, ma di sicuro è molto inospitale se raffrontato al proprio potenziale turistico. Ciò emerge con forza se si confronta, ad esempio, con la Spagna e la Francia, o anche con paesi più giovani come la Croazia, che hanno dimostrato con i fatti di essere paesi altrettanto belli e molto più ospitali. Per non parlare dello stato di abbandono del suo immenso patrimonio artistico, ereditato senza meriti dai propri antenati.
Quanto al “made in italy”, forse un tempo poteva anche essere superiore, oggi la produttività italiana e tutta l’economia è a picco e resta solo il ricordo di antichi fasti e qualche controesempio che gode dell’inerzia di quanto fatto dai nostri padri, magari in barba a norme ambientali, di sicurezza sociale e delle diseguaglianze di genere.
Oggi resta forse un “made by italians” secondo le stupide ambizioni nazionalistiche di qualche figlio ritardato di Mussolini. In realtà tutti gli “italians” che riescono a liberarsi dall’immonda gabbia istituzionale tricolore fuggendo da tale suolo inospitale e profondamente ladro, diventano ben presto tedeschi, americani, olandesi, o altro, in funzione del Paese a tasso di libertà infinitamente maggiore in cui approdano per costruirsi un futuro degno di tal nome.
Io ad esempio ora lavoro e vivo in Slovenia, una terra per altro che ha tratti storici veneziani più rispettati che nel Veneto italiano. E mi sento sloveno, veneto serenissimo e sloveno, non certo italiano, anche se ne ho ancora un passaporto che mi imbarazza, senz’altro, molto più che inorgoglirmi.
Poi svolgo lo sguardo all’indietro e – cercando di distinguere il grano dal loglio – mi rendo conto che in realtà ciò di buono che ha l’Italia è forse il proprio nome. Che ha goduto la propria gloria più grande proprio nel Rinascimento grazie a Venezia, Firenze, Roma, Bologna, Napoli, quando non esisteva uno stato italiano parassita con tale nome.
Allora si comprende bene come lo stato italiano fin dalla sua nascita goda dell’immeritata eredità del proprio nome in modo abusivo: tanto che il suo primo re si chiamava Vittorio Emanuele SECONDO. A significare che lo stato italiano neonato era in realtà un escamotage di potere di una famiglia regnante tanto ignorante quanto avida e priva di valori, tanto da svendere la propria terra di origine, la Savoia, per quello che oggi potremmo chiamare tranquillamente una speculazione immobiliare.
Uno stato che di fatto è stata la prima causa di due guerre mondiali. La prima, che ha dilaniato il Veneto e le Terre di San Marco, poiché passando nel giro di una notte da uno schieramento all’altro ha creato le false condizioni perché il fronte degli Imperi Centrali si illudesse di avere il predominio grazie alla sua iniziale adesione, poi ribaltata con il tradimento che è proprio di una classe dirigente tricolore indegna di essere chiamata europea, forgiata sull’inganno, sulla disonestà, sul parassitismo, sull’ignoranza.
Anche la seconda guerra mondiale è stata causata proprio dall’Italia, che alleandosi a Hitler di fatto lo ha protetto, lo ha rafforzato, lo ha cullato nei suoi sogni di distruzione, sperando di sedersi al banchetto della sua crudele guerra di aggressione.
Entrambe le guerre mondiali hanno visto l’Italia cambiare di fronte, vigliaccamente: la Grande Guerra prima dell’inizio dei combattimenti, la Seconda in corso d’opera, con l’8 settembre che fotografa l’essenza dei politici e delle èlite italiane, dell’epoca come di oggi: ovvero la stupidità, l’infamia, l’infingardaggine, la disonestà, l’immoralità.
Essere orgogliosi di questo letame geopolitico, che ormai ha perso anche la connotazione metternichiana di espressione geografica, è questione da manicomio, o nei migliori dei casi, da psicanalista.
Ecco cosa penso in questi giorni passando per la mia Treviso violentata da simboli di guerra che uno stato infame non ha mai voluto cambiare, per dimostrare al mondo la propria unica immagine coordinata di straccioni.
Credo sia anche giunto il momento di smitizzare quelle organizzazioni che dissimulano un’italianità guerrafondaia e parassita nascosta in modo disgustoso da bugie ammantate a festa, come nel caso degli alpini o di tutte le espressioni di orgoglio di un’identità nazionale inesistente e artificiale, frutto di un inganno di avventurieri di sventura di un secolo e mezzo fa e che prima di quanto si creda è destinata a sparire nelle fogne della storia, lasciando libere le sue città-regioni-stato di riprendere un cammino virtuoso solo brevemente interrotto da un insieme di pataccari parassiti e cleptocratici.
La peste italiana si sconfigge solo con un disegno superiore, che noi di Plebiscito.eu stiamo realizzando tramite una piattaforma internazionale di relazioni, economica e tecnologica, che presto emergerà nella sua superiorità concettuale, operativa e strategica, permettendoci di ottenere con facilità e naturalezza la piena indipendenza del Veneto.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
AUTONOMIA, UN LUNGO PERCORSO CHE NON SARÀ DECISO DAI VENETI, A DIFFERENZA DELL’INDIPENDENZA
La differenza di percorso tra autonomia e indipendenza del Veneto sta tutta in un concetto: diritto di autodeterminazione dei popoli
Il 22 ottobre 2017 è stato indetto un referendum regionale consultivo sull’autonomia del Veneto. In un editoriale di ieri abbiamo spiegato in modo sintetico perché si tratta di un’iniziativa ingannevole e che ha l’unico effetto di farci perdere tempo prezioso nel percorso per l’indipendenza, proprio nel momento in cui lo stato italiano si appresta a vivere una nuova crisi sistemica che potrebbe travolgerlo. E noi con lui se non sapremo liberarci.
In passato abbiamo già spiegato come in realtà anche se il processo innescato da Zaia avesse successo, cambierebbe poco o nulla dal punto di vista economico. Andiamo ora a vedere con maggiore dettaglio giuridico e politico perché il referendum del 22 ottobre, che noi abbiamo ridefinito sondaggio, non porterà a risultati concreti né oggi né domani.
Innanzi tutto, come forse sta cominciando ad essere noto ad alcuni, in realtà i cittadini non decideranno nulla: essi potranno solo esprimere la propria opinione sul quesito “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”.
Se vinceranno i Sì, il Veneto avrà una qualche forma di autonomia?
No, il giorno dopo, il mese dopo e anche un anno dopo, non cambierà proprio nulla.
Dopo la probabile travolgente vittoria dei Sì nel referendum inizierà una trattativa Governo – Regione su quali forme di autonomia il governo vorrà – bontà sua – concedere. Facciamo presente tra l’altro che tali trattative non richiedono un referendum regionale per essere condotte.
Nel caso in cui emergesse una qualche intesa tra governo e regione, si dovrà approvare una legge che dovrà essere approvata a maggioranza del parlamento, purché si resti nell’ambito di quanto previsto dagli artt. 116, 117 e 119 della costituzione.
Ciò impedisce, tra l’altro, che il Veneto possa anche solo aspirare a una forma di autonomia come quella di Trento e Bolzano, in quanto in tal caso sarebbe necessaria una legge di riforma costituzionale, che richiede l’approvazione di almeno la maggioranza qualificata del 66,66% dei parlamentari, oppure dell’approvazione della maggioranza parlamentare cui segue l’approvazione tramite referendum popolare con maggioranza assoluta dei votanti.
I casi possibili dunque sono due.
1) Autonomia semplice, non come Trento e Bolzano. Prevede alcune competenze in più per la Regione.
2) Autonomia come Trento e Bolzano. Prevede una riforma costituzionale
Nel primo caso si può prevedere un processo di almeno un paio d’anni, che per avere un esito positivo dovrà trovare l’approvazione anche della maggioranza dei parlamentari delle regioni che ricevono più fondi dallo stato rispetto alle tasse pagate, ovvero delle regioni che ricevono di fatto fondi derivanti dal residuo fiscale pagato dal Veneto, pari a circa 20 miliardi l’anno.
Vale a dire che anche se il Veneto votasse al 100% Sì, con il 100% di affluenza alle urne, dovrà in ogni caso convincere in parlamento la maggioranza dei parlamentari che oggi vengono eletti grazie alle politiche clientelari che riescono a mettere in atto proprio attraverso la rapina fiscale del Veneto. In pratica è come chiedere a chi è abituato a rubare per legge, di rinunciare a parte del proprio privilegio perché i veneti la pensano in un certo modo. Cosa possibile, ma altamente improbabile e che non ha alcun legame con il voto dei veneti nel referendum-sondaggio sull’autonomia.
Teniamo inoltre conto che ciò dovrà avvenire attraverso un iter parlamentare che prevede passaggi infiniti in commissioni varie e rimpalli tra camere del parlamento che porterebbero il processo ad essere con grande probabilità insabbiato, come da tradizione parlamentare italiana.
Nel secondo caso si richiede addirittura la maggioranza qualificata di circa 700 parlamentari su 1000 di ogni regione d’Italia, che, come detto sopra, dovrebbero rinunciare a gran parte del proprio privilegio perché i veneti la pensano in un certo modo. Se la precedente ipotesi è improbabile, questa risulta del tutto utopistica.
Ci spiace che il governatore del Veneto, nel momento in cui chiama al voto tutti i veneti, non spieghi loro che la decisione finale non spetta ai veneti, bensì al governo prima e al parlamento poi.
In pratica spenderemo 14 milioni di euro di soldi pubblici dei veneti (chissà perché il referendum per l’indipendenza invece avrebbe dovuto essere pagato con donazioni private), per poi dover aspettare almeno 2-3 anni, se non più probabilmente 5-6, o 10, per sentirci dire con grande probabilità no. E a quel no non potremo rispondere alcunché, perché abbiamo scelto la strada del servilismo e della comodità per i nostri rappresentanti che siedono in riva al canal grande a Palazzo Balbi a Venezia.
La conferma, pur nella diversità del processo, viene dall’attesa inutile che i cittadini di molti comuni di frontiera hanno dovuto sorbirsi con pazienza infinita per vedersi arrivare una risposta negativa in periodi lunghissimi, che spesso ha superato i 10 anni, dopo che avevano organizzato e vinto referendum di passaggio da una regione a un’altra.
Alla faccia del diritto di autodeterminazione dei Popoli!
Per tale ragione il referendum del 22 ottobre è in realtà un costoso sondaggio che sarà pagato dai cittadini veneti per insabbiare ogni speranza di cambiamento.
L’unica alternativa concreta a tale percorso illusorio è l’indipendenza del Veneto, in quanto il parere della maggioranza assoluta dei veneti trasforma automaticamente il processo da nazionale a internazionale, sottraendolo al veto del parlamento italiano.
Per fare ciò nel passato si conducevano guerre. In epoca moderna per fortuna tali percorsi possono essere attuati in modo pacifico grazie ai poteri superiori di tecnologia ed economia.
Il percorso per ottenere l’indipendenza è quindi chiaro e prevede i seguenti passaggi, che Plebiscito.eu ha già iniziato ad attuare.
- Pre-condizione: costruire una piattaforma internazionale di relazioni, tecnologica ed economica, che prepari il Veneto all’indipendenza di fatto anche dal punto di vista economico-operativo. Plebiscito.eu ha già iniziato tale progetto con la costruzione del cripto-stato e della business community veneta di Plebiscito.eu Club;
- Esercizio di indipendenza: esercitare il diritto di autodeterminazione del Popolo Veneto, attraverso una sequenza di passaggi che preveda referendum (se sarà Plebiscito.eu a condurre le operazioni, questa fase sarà saltata grazie al Plebiscito Digitale già effettuato) > Dichiarazione condivisa o unilaterale di indipendenza del Veneto (se sarà Plebiscito.eu a condurre le operazioni, questa fase sarà saltata grazie alla dichiarazione di indipendenza del Veneto già proclamata a Treviso il 21 marzo 2014);
- Trattative per l’indipendenza con lo stato italiano: grazie all’acquisita forza operativa ottenuta, costringere lo stato italiano a una trattativa diretta in sede internazionale. Facciamo presente che giunti a questo punto la forza di cui godrà il Veneto, grazie all’acquisita indipendenza di fatto, sarà tale da permetterci, ad esempio, di scatenare speculazioni internazionali sul debito sovrano italiano, al solo scopo di far sedere l’Italia al tavolo delle trattative. Grazie al residuo fiscale di cui gode il Veneto tale trattativa sarà condotta in modalità vantaggiosa per entrambe le parte, permettendo di garantire una sostenibilità del debito pubblico italiano e un parziale bail-in dello stato italiano grazie al surplus finanziario veneto in cambio della piena indipendenza.
Ad oggi non vediamo alternative concrete e utili, tantomeno i sondaggi regionali sull’autonomia, per conquistare la libertà ed essere degni eredi dei nostri antenati che ci hanno trasmesso una testimonianza di indipendenza e gloria di cui dobbiamo dimostrare di essere degni.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
[video] – “Aumento Iva, Balletto poco serio, dimostra l’incapacità del governo”
Pubblicata su TrevisoToday la nuova puntata del 21 aprile nella rubrica settimanale “Il leone di San Marco” di Gianluca Busato, a cura di Alvise Ludovico Crepet: “Aumento Iva, Balletto poco serio, dimostra l’incapacità del governo”.
22 OTTOBRE: 151 ANNI DOPO, DAL PLEBISCITO TRUFFA AL REFERENDUM BURLA?
Un nodo al collo del Veneto si sta stringendo con un cappio socio-economico e istituzionale, da cui si potrà uscire solo con il progetto di indipendenza di Plebiscito.eu, basato su tecnologia ed economia.
I governatori di Veneto e Lombardia hanno deciso che la data del referendum per l’autonomia sarà, su proposta del governatore Zaia, il prossimo 22 ottobre 2017. Sinceramente avremmo preferito un’altra data, dato che il 22 ottobre storicamente rappresenta un momento infausto per i veneti, e quantomeno per chi ne ha a cuore l’indipendenza.
In tale data infatti, precisamente il 21 e 22 ottobre dell’anno 1866 si celebrò il vergognoso plebiscito “truffa” che sancì l’annessione del Veneto all’allora regno d’Italia, con metodi che, anche per quel tempo, furono di totale illegittimità.
Ciò non sorprende più di tanto se pensiamo che il personaggio storico che ispira l’azione del governatore del Veneto è addirittura Napoleone, che 220 anni fa violò l’indipendenza della Serenissima Repubblica di Venezia. La memoria storica pertanto non pare proprio essere il punto forte di Zaia.
Al di là degli aspetti simbolici è però sul piano della sostanza che ci preoccupa nel caso del prossimo referendum di autonomia del Veneto.
Purtroppo infatti data la situazione attuale, l’obiettivo del governatore del Veneto di poter avere una autonomia fiscale “pari a quella delle province autonome vicine di Trento e Bolzano” pare essere tardivo, anche se fosse ottenuto. Rispetto a qualche anno fa l’aumento irresponsabile della spesa pubblica italiana non lascia più molti margini di autonomia, considerato anche il trend demografico che vede l’inesorabile invecchiamento della popolazione, con una curva di spesa previdenziale, che per il Veneto sta crescendo in media di oltre un miliardo e 300 milioni all’anno. L’effetto combinato di questi due fattori, entrambi causati dalla permanenza nello stato italiano e dall’asservimento alla sua politica folle, è pertanto destinato entro pochi anni ad azzerare o quasi il nostro surplus fiscale.
Il guaio è che non solo la politica, ma tutta la classe “dirigente” veneta, compresi imprenditori e altri “stakeholder” non sono minimamente consapevoli di ciò, oppure sottovalutano il nodo che si sta stringendo attorno al cappio socio-economico e istituzionale in cui ci siamo cacciati.
Ancora una volta di più quindi l’unica via d’uscita è rappresentata dall’indipendenza del Veneto. Obiettivo che d’altro canto esce, almeno per ora, da un ambito istituzionale. Almeno fintantoché il progetto di Plebiscito.eu, incentrato sull’uso sapiente di strumenti tecnologici ed economico-finanziari, ci permetterà di finalizzare il nostro percorso pacifico e civico di piena indipendenza nell’ambito di quanto previsto dal diritto internazionale in tema di autodeterminazione dei Popoli.
Per far ciò stiamo costruendo una struttura internazionale articolata di relazioni, che ci possa permettere di intercettare i grandi cambiamenti geopolitici e macroeconomici in corso che, ad esempio, vedono il prossimo 14 e 15 maggio riunirsi a Pechino decine e decine di leader mondiali per il più grande evento dell’anno sulle Nuove Vie della Seta.
Tanto da spingere la Svizzera a voler diventare il “banchiere della Cina”, mentre invece i Salvini locali fanno tornare di moda il vecchio “ingresso vietato ai cani e agli italiani”, con la chiusura notturna di alcuni valichi di frontiera. Slogan che viene adattato ai tempi: dato infatti l’aumento della sensibilità animalistica dai tempi di “Pane e Cioccolata”, ora i cani sono benvenuti nella Confederazione Elvetica, mentre gli italiani sono rappresentati dalla Banda Bassotti con il tricolore sul cappello.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
[video] – Il Leone di San Marco: “Aumentare le tasse per pagare la Pedemontana è una vigliaccata”
Ha preso il via su TrevisoToday la nuova rubrica settimanale “Il leone di San Marco” di Gianluca Busato, a cura di Alvise Ludovico Crepet. La prima puntata del 14 aprile si intitola: