ITALIA AL CROCEVIA TRA REGIME AUTOCRATICO E LA RESPONSABILIZZAZIONE ECONOMICA INNESCATA DALL’INDIPENDENZA DEL VENETO
La scarsa crescita della produttività italiana rivela la presenza di gravi e sostanziali fattori di sottosviluppo che non lasciano più spazio a ipotesi di riforme utopistiche o parziali, si avvicina sempre più il tempo delle scelte drastiche
Alesina e Giavazzi oggi analizzano la scarsa produttività oraria delle aziende italiane, che nell’ultimo ventennio con una crescita del 5% è la più bassa tra i Paesi più sviluppati in tutto l’occidente, addirittura 8 volte inferiore rispetto al 40% di crescita negli Stati Uniti che pure considerano il dato esemplificativo di una “stagnazione secolare”.
Le cause principali secondo gli autorevoli economisti sono da rilevarsi in particolare: nella piccola dimensione delle aziende italiane, nell’eccessiva quota di proprietà familiare delle imprese unita alla scarsa presenza di management esterno alle famiglie, uno scarso ricambio dovuto alla non uscita dal mercato delle aziende meno competitive troppo protette dallo stato e un eccessivo affidamento a pratiche di clientelismo e protezionismo da parte del settore pubblico, allo scarso tasso di innovazione e di adozione di tecnologie informatiche, alla minore scolarizzazione del capitale umano delle aziende, in particolare nei settori tecnici e scientifici.
Condividiamo in pieno tale analisi e consideriamo deleteria l’influenza in generale del settore pubblico nell’economia e nella vita delle imprese, aiutata dalle associazioni di categoria che giocano un pessimo ruolo nel chiedere spesso “aiuti” di stato alle aziende e tassi di protezione dalla concorrenza, in particolare in ambito internazionale.
Il Veneto non sfugge a tale fenomeno, anzi lo incarna alla perfezione ripercorrendo perfettamente le principali ragioni che hanno condannato l’Italia a un degrado economico ormai più che ventennale.
Ad esempio, in Veneto solo il 2,7% della forza lavoro attiva è impiegata in settori ad alta tecnologia e si investe solo l’1,1% del pil in ricerca e sviluppo, mentre i brevetti ad alta tecnologia registrati all’EPO (Ufficio Europeo Brevetti) sono solo 3,9 ogni milione di abitanti (dati Eurostat).
Sono questi i veri fenomeni che oggi spiegano più in generale la crisi economica italiana, ulteriormente aggravato da un sistema finanziario eccessivamente, se non esclusivamente dipendente dal sistema bancario, con le uniche eccezioni del capitalismo di famiglia che ha creato più danni e storture che non benefici, in primis nel privilegiare una cultura provinciale che favorisce il clientelismo il solo capitalismo relazionale dei salotti buoni ormai sempre più di residuale importanza nel mondo globale.
Il risultato è che se si vanno a mappare in Europa le nuove aziende innovative che hanno ricevuto apporti di finanziamento da capitali di rischio privati, si vede un desolante buco proprio nella penisola italica che sta imboccando a grande velocità la strada di ingresso nel mondo del sottosviluppo proprio quando i Paesi più evoluti stanno invece accelerando la propria capacità competitiva nel panorama globale sempre più interconnesso.
Il tempo per le riforme auspicate da Alesina e Giavazzi a nostro avviso si è concluso da un po’ e oramai resta lo spazio solo per un paio di alternative con sempre minori toni di grigio:
- Una improbabile capacità e volontà politica di eliminare il fardello finanziario costituito dal debito pubblico e dalla contemporanea scarsa competitività del settore privato, che culmini in politiche shock quali ad esempio il licenziamento di un milione di dipendenti pubblici, smagrendo il peso dello stato e contemporaneamente la drastica riduzione della pressione fiscale sulle imprese (oltre ad altri interventi nel mercato del lavoro, nelle politiche di incentivazione dell’innovazione e nell’adeguamento del sistema finanziario, creditizio e previdenziale).
- La responsabilizzazione finanziaria territoriale, con l’eliminazione dei fenomeni di clientelismo e parassitismo a cominciare dalle aree con maggiore possibilità di intervento, quali sono le regioni con residuo fiscale attivo (Veneto e Lombardia in primis). Ciò richiede una maggiore capacità decisionale sulle politiche sia di indirizzo sia di pianificazione dei territori che va in direzione opposta alla prima alternativa e che in pratica è raggiungibile solo con trattative dirette sulla ripartizione del debito pubblico tra regioni e stato che seguano processi di autodeterminazione e indipendenza territoriale, gli unici percorsi possibili che possano prescindere da blocchi costituzionali interni.
La prima alternativa richiede la contemporanea presenza di una presunta classe dirigente che sia preparata e pronta allo scopo e che possa godere di mano libera politica per attuare una riforma da lacrime e sangue. Si tratta di un percorso che chiamerei di tipo “cileno” (con riferimento a Pinochet), con una forma autocratica di potere che attraverso un rigido controllo poliziesco dei gruppi di opposizione politica e sociale sia nel parlamento sia nel territorio, consenta a un ipotetico governo di “illuminati” di apportare le necessarie “riforme”. Credo che onestamente sia poco probabile sotto ogni punto di vista: l’inesistenza di una classe dirigente preparata allo scopo che si presti a un’operazione tanto estrema, l’incapacità strutturale da parte dello stato di involversi in una forma tremendamente antidemocratica, la mancanza generale in qualsiasi ambito della volontà politica di portare avanti un programma drastico di tale portata.
La seconda alternativa non è certamente una semplice discesa, in quanto richiede l’emancipazione politica delle aree economicamente più avanzate del Paese, che d’altro canto vedono sempre più ridursi lo spazio temporale nel quale possono ambire a restare parte della sfera economico-produttiva più evoluta in Europa e nel mondo e che nel contempo sono ormai intaccate a loro volta nell’avanzare del degrado, una sorta di mele ormai con sempre più macchie nere nella cassetta italiana di mele marce. Nel contempo restano altrettanto ambiziosa la sfida della creazione di una classe dirigente locale adeguata e preparata, in grado di assumersi le responsabilità che derivano dal portare a compimento un progetto di libertà che non può prescindere da conoscenza e consapevolezza della complessità del sistema globale interconnesso nel quale i territori emancipati dovranno saper recitare un ruolo da protagonisti. Il Veneto è senz’altro la regione più avanti in tale prospettiva, se saprà affrancarsi da lega e isolazionisti e dare forma a una propria classe dirigente indipendentista europea.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
BREXIT, TRUMP, NAZIONALISMI EUROPEI: È TUTTA COLPA DI SCHUMPETER
Le grandi incertezze nel quadro politico globale derivano dai grandi cambiamenti economici che hanno accelerato il fenomeno della distruzione creativa teorizzato dall’economista austriaco.
Joseph Alois Schumpeter è stato uno dei più importanti studiosi di economia del secolo scorso e in particolare la sua opera ha saputo descrivere in modo inedito i fenomeni di innovazione industriale, che creano onde disruptive, andando oltre i modelli statici che mal si adattavano all’interpretazione del grande progresso tecnologico che ha caratterizzato le nostre società a partire dalla fine dell’ottocento.
In particolare nella seconda parte della sua vita egli ha iniziato a teorizzare che proprio a causa del proprio successo il capitalismo sarebbe andato incontro a un suo inevitabile declino.
Il fenomeno ha trovato ancora maggiore accelerazione dai fenomeni di globalizzazione economica, che hanno amplificato la portata del cambiamento innescata dal progresso tecnologico. È proprio la distruzione creativa dell’imprenditore globale che ha radicalmente messo in crisi i valori dei regimi politici preesistenti, anche quando essi sono relativamente giovani, ma in quanto portatori del “vecchio pensiero”. Anche governi che vantano pochi anni di vita diventano quindi equiparati agli all’ancien régime che richiedeva decenni, se non secoli per essere abbattuto nelle fasi storiche precedenti.
La naturale predisposizione delle élite al potere è di difesa dei valori di stabilità e non riesce ad interpretare i paradigmi del cambiamento, necessari per affrontare le nuove fasi inedite di sviluppo umano generate dalla distruzione dei modelli economici (e politico-sociali) che restano come defunti sul campo di battaglia. Ciò vale tanto a livello economico, dove assistiamo alla difficoltà delle vecchie classi dirigenti di affrontare le sfide del cambiamento perenne, a causa della proprie inevitabile mentalità burocratica, tendente all’immobilismo dei manager. Ma vale anche a livello politico-sociale, dove le classi dirigenti pur giovani si trovano rapidamente spiazzate da nuovi trend comunicativi anche quando essi appaiono contraddittori.
Ciò spiega anche perché nelle società economicamente sviluppate tendano ad affermarsi con sempre più frequenza nicchie sempre più importanti di difesa di valori contrari allo sviluppo capitalistico, ponendolo sempre più a rischio. Tali nicchie divengono spesso maggioranze relative nelle società, a fronte della passività e immobilismo delle vecchie classi dirigenti. A destra dello specchio politico esse si rifanno a concetti di isolazionismo economico e di contrasto ai fenomeni della globalizzazione economica e dell’interconnessione culturale. A sinistra invece esse sposano più retoriche di contrasto al progresso tecnologico e al libero scambio. L’effetto combinato è la vittoria delle campagne Brexit e di Trump, che ora si apprestano a fare i conti a loro volta con la nuova cresta dell’onda che nel frattempo è già ripartita e che potrebbe ora chiamarsi #Calexit, o secessioni transatlantiche, con l’indipendenza delle regioni più ricche e produttive, che si sottraggono all’abbraccio assistenzialistico delle parti sociali tagliate fuori dal ciclo economico-produttivo.
La risposta corretta a tali fenomeni non è quindi un impossibile ritorno al passato di carattere autarchico, magari condito da ubriacature neo-keynesiane mascherate, ma risiede al contrario nella capacità di delineare società che sappiano rimettere in circolo la maggiore ricchezza che deriva dal maggiore sviluppo economico delle aree più innovative in un mondo che è già tecnologicamente iperconnesso a livello globale oltre il punto di non ritorno.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
TRUMP PRESIDENTE, IL MONDO GIRA PAGINA VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO (PREVISTO DA PLEBISCITO.EU DA 2 ANNI E MEZZO)
Dalle elezioni presidenziali USA emerge un nuovo scenario favorevole all’indipendenza del Veneto
All’inizio fu la Brexit, oggi la vittoria di Donald Trump, il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Se la spinta decisiva al referendum britannico è stata data dal tema dell’immigrazione, il fattore decisivo per la strepitosa vittoria di Trump è essenzialmente l’economia. I numeri degli USA in generale non sono negativi, ma gli effetti sulla rappresentanza sociale, in particolare di quella che era la classe media e lavoratrice degli stati centrali, ma anche nella regione dei grandi laghi a nord-est, o in Florida, sono sotto gli occhi di tutti. Il modello della élite progressista ha retto in parte solo nella East e nella West Coast, lasciandosi travolgere dalla voragine nel cuore dell’America profonda che ha scelto il cambiamento.
Il quadro internazionale che ne esce lascia ora intuire a tutti i grandi cambiamenti geopolitici che abbiamo previsto da 2 anni e mezzo e che il referendum di indipendenza del Veneto organizzato da Plebiscito.eu ha saputo anticipare. Contrariamente a quanti prevedono esso non implicherà un passo indietro in tema di globalizzazione, ma anzi un’accresciuta importanza di relazioni internazionali più armoniche e, per quanto ci riguarda, l’ingresso ufficiale del super-continente Euro-Asiatico come motore di sviluppo di un nuovo quadro macroeconomico di riferimento, a discapito della centralità dell’asse euro-atlantico che esce ridimensionato dall’effetto combinato proprio della Brexit, della presidenza Trump e della crisi di identità dell’Unione Europea.
Nuovi flussi relazionali ed economici che determineranno un ovvio nuovo equilibrio globale, se pensiamo che nel 2020 il commercio internazionale peserà per circa i 2/3 dell’intero prodotto interno lordo mondiale.
Anche le prime reazioni dei mercati finanziari sono a quanto pare solo l’effetto dello sconto sulla vittoria del candidato democratico e per ora non si prevedono crolli epocali come preconizzato da alcuni.
Per quanto riguarda il Veneto, il quadro che esce è positivo se si pensa che viene meno un modello cristallizzato che ci vedeva anello incatenato ad un’Italia che ora esce ulteriormente ridimensionata in quanto perde di importanza strategica quale elemento di stabilità euro-atlantica.
Anzi, da oggi in poi assumerà ancora più evidenza e importanza planetaria nel nuovo quadro di sviluppo relazionale, logistico e commerciale il ruolo cardine di Venezia, del Veneto e di tutta la regione del nord Adriatico, con la vicina Slovenia che per la prima volta dal 1824, dopo la londinese Louisa Adams, moglie di John Quincy Adams, ha l’onore di essere uno stato estero ad aver dato i Natali a Melania Knauss Trump, First Lady degli Stati Uniti d’America: è di qui infatti che si deve passare per unire la Cina e l’Asia alla Germania e al cuore dell’Europa.
Oggi forse appare più chiaro a tutti perché noi perseguiamo, con metodi democratici e con le leve della modernità dell’economia e della tecnologia l’indipendenza della Repubblica Veneta, per portarla ad essere la nuova Singapore d’Europa, recuperando il ruolo che storicamente abbiamo sempre saputo svolgere di baricentro e snodo strategico tra est e ovest e tra nord e sud del mondo.
Consapevoli delle nuove sfide che aspettano la nostra Terra, facciamo le nostre congratulazioni e rivolgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro al nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, ringraziando i cittadini americani per aver dato l’ennesima lezione di democrazia al mondo intero e alle miopi élite che spesso si dimenticano di loro.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu
UNO STATO VENETO LIBERO E DIGITALE – S. DONÀ DI PIAVE – 4 NOV 2016
Venerdì 4 novembre alle ore 20.30, presso il Park Hotel Continental a San Donà di Piave in via XIII Martiri 229 si terrà un incontro pubblico per la condivisione del progetto moderno di Indipendenza del Veneto che Plebiscito.eu ha lanciato a partire dall’organizzazione e vittoria plebiscitaria del Referendum Digitale del 2014.
L’ingresso è libero previa registrazione attraverso la compilazione del modulo di seguito riportato.
[video] Gianluca Busato: “nessuna alternativa all’indipendenza del Veneto, in un mondo globale interconnesso”
Mestre, 7 ottobre 2016. Video dell’intervento programmatico di Gianluca Busato, presidente di Plebiscito.eu, agli attivisti presso l’hotel Ai Pini.
ABBATTIAMO I MURI !
“Nella deriva populista attuale, alcuni partiti politici pongono il proprio accento sui confini degli stati, molti leader politici parlano di muri, ma i muri attorno agli stati non bloccano nulla. Quello che veramente dà forza alla comunità, quello che determina la vera potenzialità, la vera capacità di affrontare le sfide del futuro non sono i confini territoriali, ma sono la capacità di avere nel proprio dominio quelle che sono le reti attraverso cui fluiscono i dati, le reti tecnologiche, le reti di trasporto, le vie della seta, le piattaforme digitali, le connessioni internet, le grandi reti di comunicazione, di trasporto energetico, stradali. Questi sono gli ambiti attraverso cui passa la fortuna delle nazioni…il mondo va verso un’interconnessione globale.”